Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930
Laudato si', mi' Signore, per .... 183 senza rivolta e quelli che in punto di morte si sono trovati COiilcordi COiilDio. Può anche darsi, benché a me paia, meno probabile, che i vv. 24-28 formino un'unica lassa sopra il perdono, iilel qual caso riecheg– gerebbe Ìiil essi il com8Jndio dellla Regola : « Devono essere nostri amici tuW quelJli che c'iiil:fliggono tribolazioni ed angosce, vergogne ed offese, dolori e tormenti, ·martirio e mqrte >>.Ma se anche ciò fosse, la Hnea essenziale del cantico resta la stessa. Nella moltep!li– cità del creato, tra le forze clementi est':Cutrici della parola divina, l'uomo verrf'.bbe ad inserirsi soprattutto in quanto perdoiila : e ciò perché degli aspetti che può prendere il puro runore, il perdono è quello che ha una maggior risonanza di be~e. Lo Speculurn insiste sulla « consolaziOiile e dolcezza>> di cui era traboccante 1-0 spirito di FranC€sco quando compose il Cantico delle creatnre : non oollltento deJlle pure parole « fece su di esse un canto e 1o insegnò ai suoi _compagni perché potessero dirlo can· tando )). Quel c3Jllto restò il fedele consolatore dei suoi tormenti nella lunga straziante agonia. Non si stM1cava di farselo ripetere « quando il male si faceva più grave .... incominciando ila laude egli stesso e poi fa~endola intonare ai compagni>>. Gli assisiati che montava<U la guard!ia al palazzo vescovile, ov'egli si andava spe– g1nendo, eramo non poco sorpresi di sentire ad ogni momento, la - notte come il giorno, risonare le note di quel cantico : maniera di accostarsi alla morte che pa.reva poco d1egna di un Santo alil'anima angusta di frate Elia. Quando si sentì più male del soli~, Fran– C€sco inrundò a chiamare frate Angelo e frate Leone « perché ,gli cantassero di sorella morte>>. Così lo Specul1.im. Secondo Tommaso da Celano, avrebbe passati lodando Iddio gli u1ltimi giorni che gli rimasero da viver-e : « irnsegnava ai suoi compagni, a lui dilettissimi, a carntare insieme con lui le lodi di dristo; invitava tutte le cose create a lodare Iddio e le esortava, oon certe parole che aveva com– poste iiil passato, al divino amore: la morte stessa, da tutti temuta ed odiata, era da !lui esortata alla lode .... )). Com'è per sempre perduto il nimbo musicale di cui le parole della laude erano ricinte pel Santo, così nessuno saprà mai tutte le snggesti()}Ji profonde di cui quelle parole :potevano essere dernse per lui. Ohi sa di che forza evocatrice erano forse piene per lui, nellla sua cecità, delle semplici parole come sole, come stelle, come fiori, come acqua : che infinita soavità di rimpianto, che involon– tario crunto di addio si celava forse in quell'appello a tutte le cose che fanno bella e bnollla la vita! Nella laude che .gli era sgorgata dal cuore dopo la notte miraoolosa che Dio lo aveva consolato, dovevaino esserci amcora, per lui, i bagliori del[a «visitazione)) divina. E c'è · sicuramente qualcosa di vero in ciò che dicono i biografi qurundo Biblioteca Gino Bianco
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