Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

182 L. F. Benedetto con questo carattere fondamentale del ca,ntico il richiamo_fiinale alle « samtissime voluntati >>in cui bisogna che la morte c1 colga se vocrliamo ch'essa, ci schiuda i regni della felicità eterna. 0 Noo meno evidente è il concetto di bontà. Dio è «altissimo)) e « O!llnipotente l) ma è anche «buono>> : impiega cioè per il bene [a, sua potenza infinita. Le diverse forze della creazione, i!I1 cui il suo volere si mamifesta, ci son presentate unicament~ nel loro aspetto benefico. Il sole vuol dire la soavità delle aurore, [a limpida chiarità decrli spazi· vuol dire la lu(';ee il calore prodigati regalmente a tutto o ' . ill creato, quasi. a simboleggiare l'infinita, misericordia d'ldd10. La lunEJe le stelle sono state fatte da Dio perché l'uomo avesse l'incrunto dei pleniluni e delle notti Rtellate. Il vento e [e nubi, lungi dal sug– gerire delle immagini di tempesta, diventano delle vicende provvi– denziali 1I1ecessariealila vita; Nulla, tra le lodi generiche tributate a « sor a,c,qua ì), che lasci sospettare le sue i!Ilsidie, le sue terribili collere. Del fuoco son menzionate la «robustezza>) e la «forza)), ma amche, ed in primo luogo, la bellla giocondità, in modo da farci pensare, non alla fiamma devastatrice, ma al calore che ritempra e rallieta. La terra è la sostentatrice e la regolatrice della nostra vita corporea. N-0111 sollo tutto è utile, ma tutto è bello, «Bello)) è il sole, « belle e prezioRe >)la luna e le stelle (preziose è certo un sino– nimo di beille e deve indicare nna bellezza più squisita), «preziosa>> è !l'acqua, « hello >> è il fuoco. Qua e là l'astrattezza sootimentale dli quel bello si risolve e determi!lla in luce: il sole è « radiante cun grande sploodore )), « clarite )) s01110 le stelle, «coloriti)) i :fiori. Ogni cosa creata insomma esegue verso il resto dellla creazione, verso Fuomo soprattutto, un comando di bOIIltà: ~iella bontà è ·solo un aspetto la bellezza, gioia e refri,gerio dei sensi umani. Raggia cioè in ogni cosa l'amore divino. Ta111to più esso deve raggiare nell'uomo che Dio ha creati() a sua somiglianza. Il perdono, la [ieta rassegna– zione di fronte alle a1J1g0sce deJla vita terrena e aJlla morte sono per FAssisiate, come pei primi grand'i cristiami, i se~ni più alti le forme più pure d~ll'amore: SO'IlO ['amore in sé, purificato da ~gni scoria personale, spaziante davvero oltre i oonfìni dell'io. Il vero amore è quello che non muta, anche se quelli che amiamo ci fanno, umanamoote padando, del male : .siamo essi i compagni di questa lllostra umile aiuola, sia esso lo stesso Iddio : ché Dio va amato anche se ci dannasse all'eterno castigo. Perciò nel cantico dopo il sole, dopo le stelle, d0po i] fuoco, l'aere ecc. anche l'um~ità. E . come prima ogni cosa è stata evocata su,b s pecie amo,ris 1 cosi anche per gli uomini non un cenno agli odi c.he li separano e li armano alle protest~ che può .strappare l'iniq uità del destino ai lamenti contro l'Inesorabile che atterra e dissolve. Sono ricordati soltanto quelli che perdon3!no. Alldisopra, del dolore umano s':i!Ilarcaun lembo di para<liso ove si vedo!Ilo «incoronati>) quelli che hanno sofferto BibliotecaGino Bianco

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