Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930
168 O. Tumiati porta di proteste. Uno di questi, forte del suo grado soci_ale, mobilitò la forza pubblica intimandomi d'allonta1J1are le bestie. Né valse l'umile difesa dell'imposta pagata. Dovemmo cedere. Dieci cuccioli furorn do1J1ati e la madre affidata a un castaldo. Come ci parve vuoto il giardino! · Vedevo ogni gior1J10 la Lilla nella casa mercenaria: 1J1on abbaiava più, no1J1vohwa mangiare. Si guardava att~rno, leccava 0On la grossa lingua le inutili poppe abba!lld01J1ate piangeva. Un giorno norn scosse la cod'a al mio apparire, né mi guardò. Dissi all'uomo di chiamare subito il medico, che la curasse. Po- teva guarire. · Tornai dopo u1J1'assernzadi tre giorni e vidi sulla paglia sola– mente l'impronta d'U1J1 corpo. - Che ha fatto il veterinario? - chiesi con un'altra voc,e. L'uomo impallidì e balbettò poche parole. Non l'aveva chiamato perché la visita bisognava pagarla. Quel giorno ho bestemmiato. Barabào, perché sei morto ? Pane e vino non ti mancava, L'insalata l'aveyi nell'orto .... Barabào, perché sei morto '/ L'undecimo cucciolo, il più bello, che del padre bastardo aveva la forza fedele e della madre gli occhi e l'oro del pelame, s'ebbe il nome di Barabào. Reminiscenza insistente di quei quattro versi assurdi e pietosi. Fu il re del podere. . Tollerò la catena come un dovere di sovraino giusto, rifacendosi in lanci in corse in amori 1I1elle libere notti. Fedele e indipendente, azzannava i malfidi e i molesti, ma sfuggiva il richiamo al guizzar muto dei conigli o alla prov-ocazione di un cane vicino. La campagina non è terra d'idillio. Tale la giudicaino i retori e i villeggianti. Serpeggia1J10fra le zolle, sbavano i c,onfini, covano nei cascinali tetre invidie, irnstancabili odii, vendette crudeli. Vesta nobili panni o brache di villano, l'uomo non varia e la bontà è rara oome la bellezza. L'estremo limite del poder~ era sprovveduto di cinta perché il terremo in quel punto, - e per un lungo tratto che si prolungava lllel nostro e nei poderi vicini, - era proprietà di terzi sulla quale nessUIIldiritto godevano i possessori dei fondi attraversati. La con - suetudillle tuttavia lasciava a ciascuno di noi la libertà di falciare nel suo tratto. Ad uno dei vicini piacque un giorno di portarsi sul nostro e di correggere con la zappa il pendio per tramsitarvi ool <mocarro. Del illostro consenso, come di quello del legittimo possessore di quel tratto, nolll si curò. Provvide ai casi suoi. . · BibliotecaGino Bianco
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