Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

Della letteratura Zibera.trice 141 Io IIlOD dico che l'Austria abbia virtù di speg,nere la poesia (là censura è tuMiCCiolovalido a COIIlitenere liquori già mezzi svaporati) : dico che la poesia è costretta per ora a astenersi da certi argomenti. E. giacché IIlOn li ,può d1gerire, meglio farà a IIlOnbiasdarli_. E che la poesi,a IIlonsi'a morta, cel dice il ManzOIIli, il cui romanw ottem.n€'le lodi benigne fino d'un principe tedesco, il •g.rrunducadi Toscana, il quale mvitò l'autore a pranw, IIlon so del .resto se oome poeta o oome patrizio. Onde gli aocaidemici della Crusca che i coo– venevoli, se non altro, fa1teindonobene, di liberalità propria onora– vano -H .Mrunwni del titol di Oolllte. . L'utilità politica drugli scritti del Manzoni risulta ind1retta ma, potooti.s·sima, inquruntochè nella ver-ità morale ha suo fonda.11nenrto. E a battere sempre questa via senm ristarsi oome fece, 0:sai io COIIltSi– gliare l'egregio uomo ÌIIl un sooettuccio in cui parlano la p.rima sua moglie, donna deg,na di lui, e la :figliuola morta. « Teco i' vivo, in te penso: e non un pio Sguardo d'amore a te dal cielo io mando, Ma confusa al tuo cor tutta son io ; E il vò de' miei misteri affaticando. Per tutto io son, però ch'io sono in Dio, » Cosi la tua diletta a quando a quando Ti parla : e Giulia seco : « O Padre mio, Il duol d'Italia tua ti raccomando. Parla le tue parole alla tradita, E d'affetti e di preghi e d'operoso Pensiero empi ed avviva il suo riposo. E delle caste note il suon pietoso Accrescerà letizia all'infinita Letizia ond'arde mia libera vita». Nella poesia del Manwni al dolo'l'e risp91Ild~la speranza, all'm– giustizia l'a.more: quella del Leopardi a.Itra cosa. E' IIlega Dio, e si laimenta. alla natura orudele che lo feoe gobbo. Quello sdegno delle cose, cihe 1I1elByron, •ardente uom(), e bello della per:sona, e amante di vita a qualche mo<l:oagitata, pare perdOIIla,bile, o deplorabile almeno ; in UIIl erudito contraffatto e fredldo e rin~ato tutti i di come gufo, è ridioolo. Bestemmie eruditissime: alle quali potreb– bersi apporre questi versi ad epigrafe. Iddio non è: perché se fosse Iddio, Una cosi sformata creatura Non potresti soffrir, come son io, Gobbaccia di natura. E perché questa na,tura tiranna è bersaglio alle sue lente qua– drella, io di lei e di lui giocavo un giorno oosi: Natura con un pugno lo sgobbò: Canta, gli disse irata : ed ei cantò.

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