Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

134 O. Marchesi desimo ,spirito di reverf>-,nm e di oommozione i fatti della sua grote, dalle prime torme di armati che usciron di R,oi~.aa combat~ere ~OIIl · tro i mali vici1I1i,agli eserciti possenti e1heap~ivano a~_la ':-ttoria e alla conquista le strade del mondo; IIlé aveva-_ bi~ogno dì_ c~ama,re ~ o-aranzia ,di quella vittoria gl'idoli e i fantasmi di urna rehgwne ormai tanto decadJuta da potere essere restaurata per via di interessate provvidenze gover,native. Ne,ssuno del resto potrebbe seriaimente af– fermare che Virgilio credesse m quelle imprese di nUJmich'egli era costretto a muovere nel suo laborioso scenario mitologioo, come nes– suno potrebbe rao·i•OIIlevolimente oon.fondere la religiosità di Virgilio oon la credulità p~liteistica del paganesimo e affermare ch'egli avesse l'a!Ilimo soggiogato dalla fede irn quelle positive divinità che pure raffigurava e invocava. Seinza il gio,go di quella fede non si esulta neilla gioia che nolil teme e !Ilella oonfidlelilzache non ragiona : e Vi;r– gilio, il poeta seinza allegrezza, non esultò mai, neppure quallldo si trasferì nell'Olimpo di Omero dove non c'era più ,posto ,per lui. Il cielo egli lo vede dalJla terra, e i numi, quelli che più •si 3Jlll.31110 e si. adorano, li vede sulla terra: e a!Ilche,su di essi stelilde l'ombra della tristezza e della sfortuua che incombe 1 sugli uomini. ' Vieti tristes ' IIlella Huco[ica ,sono i oontadmi cacciati ,dai propTi camp,i; 'vieti dei' solilo1I1ell'Eneidei penati cacciati da Tr,oia, quelli che dovranlilo essere i numi tutelari di Roma. Tutti 'vieti', tutti s 1 001I1fitti in que– sto mondo virgiliano dominato dal dolore. A Ga,rtagine indugiò lo spirito commosso del poeta. Egli volle far vedere come .sorgeva Ila città che ,sa,rebbe stata dÌlstrutta, oome amava la regina che sarebbe stata tradita: e quell'rumore era IIlOJl solo desiderio ma pietà e trepida ammirazione di donna, pei fuggia– schi di Troia. Tutti 'hanno vista l'anima romwna, nessuno ha vista l'anima fenicia di Virgilio, per cui Cairtagilne antic~ risorgeva COIIl gli elementi etemi della sventura. La ,storia di Roma traispaire tutta 1I1el p,oema virgiliano : e ainche la figura di AIIlniba[e si profila mi– steriosa-. Nell'Enejde, Annibale, questo tremendo sterminatore di eserciti conisolari, apparisce lontano, ,senza nome, ,nel dtramima di più potente pilJssione che ci rul5ibia lasciato ['arritica latinità. Didone muore, traidita; e le IIlavi di Enea ilil quell'alba mediterranea vrunno verso l'Italia, mentre sul mare nero batte il vento di trrumontana e ilil Cartagine si vede 1ID bagli,ore di Togo. L'eroe va dove il destilllo lo chiama; ma la donna si uccide dove l'rumante !l'ha per sempre rubba!Ildonata. Il mito qui diviooe vita, e la favola si fa umanità. C'è nell'animo del lettore una pietà senza paitria. che vuole e ruspetta il vendicatore : Annibale sarà quel voodicatore. In questa p3.l'te deil poorna_ ~ cui_ ~i sv?lge la tragedia dell'alIIlore, oh'è la p•iù :personale e percio la pm lIDiver.sale delle tragedie, Virigilio IIl•onsi rucco~gedi perdere la sua romalllità. Ciò c•he Vi.r,gi[ie fa vedere nell'ultima notte di Troia noo. è ca~- BibliotecaGino Bianco

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