Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930
Virgilio · 131 lllé alla sua casa)). E prima aiveva 3Jmmo.nito: « Date letame alla ter,ra: ,spesso, a tempo giusto, in gi<l1stamisura: e la terra darà più frutto)). Proprio così: 'stercoraJtio ', letame. Di questo infatti i campi hamno bisogno e non dei « poetici flores )). -La teTra è sacra, ma è dura: dura aJl c001tadino che· deve lavo– rarla, durissima al poeta che v,oglia cantare quella fatica. Può age– volmente la fanmsia dello scrittore andare attomo per la campagllla Ìlll cerca di figurazi0;ni poetiche, ché la terra coltivwta ha sempre ec– citato piacevolezza e vaghezza di ill!Dlagini in quanti, ainche non essendo né letterati lllé poeti, ainche esseiidl9 uomini di cailco1o e di gurudagno, usano risuscitare la vita oampestre tra le mura e ,t,ra gli uomini della città; ma ben altra oosa è penetrare nella tecnica di quella vita e scomporre Ja bellezza deJ11a, camrpagna 1I1elavoro del ; contrudino, cioè dell'unico uomo per cui non esiste altra bellezza che quella pesata, accumulata e riposta, del proprio raocolto. Mai, dulll– que, talento di scrittore si provò a più cattivo cimento•: e a pen– sarci bene questa Georgica è lo sforzo e la vittoria più gTainde del– l'arte sopra la materia. Malgrado ciò essa non ebbe né allora né poi la fortUllla dellle altTe opere virgiliame, perché illltutti i tempi l'uomo ha chiesto alla, poesia che 1o consoli o lo commuova o lo distragga nella sua fatica, non che lo ammaestri: a<llammaestrarlo basta la necessità della sua, vita. Eppure a quamti hanno avuto ~a pazienza e la gi,oia di leggerla, dai dotti dell'età pagana ai poeti dell'età ca– rolingia, a,d Angelo Poliziano, ai moderni, la Georgica ha più o meno rivelato ill suo tesoro poetico a giovamento dell'arte, .non della fattoria: ché Ìlll quel ,poema l'a,gricoltura.. si è fatta poesia, vale. a dli.re h,a finito di essere a1gricoltura per diventare tragedia. La terra è il gramde scenario nero o luminoso di questo poema drrummatioo dove a,gisoono le piainte e g1lianimali fra l'assiduo tra– vaglio delle opere umant>. Le piante hanno amch'esse Ulll•a patria e soffrono gli esilii, le ,sta,nchezze, i maltraJttaJmenti, gli abbandoni, più dell'uomo: ché l'uomo può vivere sradicato e abbamdOillato, le piamte lllO;esse sono• il « tamtus amor te:rrae )), sono i[ grande amo,re della terra che stringe e nutre nel suo profondo e ocoulto abbraccio le :r-rudici, ma 1I1on vuole ,siano offesi i polloni e le cime che si levano all'aria e al soile. Fra le bestie la tragedia si fa più musoolosa, più sanguigna e umana, nell'amore che tutti gli esseri animati aocende della stessa frenetica smania di congiungimento, e nella morte che tutti ugualmente ]i coglie e li strugge dopo fil tormento del male. Nel terw libro l'amore e lia morte hanno trovaito aJcullle espressiO!Ili de:filllitive; qui Virgilio accoglie in pieno l'Oilldata lucreziama e ci si aibbandona, come accade più volte fino a che non si veda fumo di sacrificio [eva.rsi dall'ara sacerdotale e il cielo illOIIl diventi oeleste dimora di numi e il canto fisico non sia soffocato dentro i confillli terminali del poema georgico. Alllche nelll'esordio, rivolto alle divine BibliofecaGino Bianco
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