Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

250 C. ALVARO, Gente in Aspromonte fa ressa come d'uno che narri tra l'affanno del dire e l'affanno del non saper t~tto dire. Certo Alvaro adopera i mezzi più s~uisiti, i ~iù insi– nuanti. E noi vorremmo che n'adoprasse uno solo e c1 facesse riposare, se la lettura e l'arte devono essere sopra tutto letizia. I modi certi e ineffabili del coro e quel. trasalimento che essi ci danno, si traducono, leggendo Alvaro, in inquietudine: proprio l'inquietudine dello scrittore che non coglie tante volte _il segno, e che si fa inquietudine nostra. Al: lora poiché in Alvaro c'è il gusto dell'inespresso e del vago, da cm nas;e proprio questo comporre corale, cerchiamolo, se possibile, pi~ vicino. Non lo troveremo mai così a suo posto come quando parla d1 bambini. Quell'embrione di coscienza e di sogno che è la prima vita dei bambini diventa nelle pagine di Alvaro una cosa viva. Allora questo piccolo personaggio_, coi suoi· sensi balenanti, fa centro, e intorno a lui si muovono voci, pensieri, tacite voci. Tacendo il personaggio centrale, gli altri si accordano, direi, a quel silenzio. Cesarino va la prima volta . dai nonni. Ha lasciato la città ed è andato in _up. piccolo e povero ·paese. La vicenda si svolge nei modi più discreti e segreti. Parlano tra loro i vecchi, e lontana, ma presente, c'è una donna, la, madre di Cesa– rino, che la vecchia nonna sente nemica, come una cosa estranea che s'è posta tra sé e il figlio del suo figlio, tra- sé dunque e il suo sangue. E il padre? Non parla; ma·con la sua perplessità a formulare un giu– dizio -è più vivente d'un giudice, e ci fa pensosi. E ci sono altri bam– bini ancora. Cesarino che va dagli zii; il figlio d'Argirò nella casa dei Mezzatesta, tacito testimone; e per Le strade e per i campi. Questo è bello e umano, entrar nel cuore dei cuori piccini, e far che parlino. Parla che cosa ? Anche quel loro non parlare. Volevo dire insomma che in una prosa come quella di Alvaro, così fortemente accentata ed esorbitante, questo accostarsi all'ineffabile vero opera come un correttivo, fa distanti_ le voci, velata la musica, crea le proporzioni, in Alvaro cosa diffici– lissima. Succede a volte che tra la ragione che muove i fatti e i fatti stessi manca l'accordo, l'equilibrio; i fatti perdono quel senso d'ombra e di segreto, e stridono, si amplificano senza freno, e la ragione ,è di– menticata o sacriµcata. In Gente in Aspromonte, che certo è il più complesso racconto di Alvaro, la prima parte, dove ogni sentimento è «patito», liricamente espresso, è senza dubbio superiore all'altra, a tutta l'altra, dove quei sentimenti si determinano in azioni. Alvaro lo sente, e per questo a volte, quel suo chiudere il racconto in modo fiabesco, e non importa se in modo poco chiaro; tanto ha bisogno di da-re un senso a qualcosa che altrimenti non contenterebbe il s-uo lirico fervore la sua aspira'. zione grandeggiante. Piace per questo a me un racconto Cata dorme · dico piace per un giusto tono mai tradito fino all' ulti~o. Due amici tornano al loro paese, e ripercorrendo le antiche strade ritrovano il tempo antico. È notte, e anche questo fa che le impressioni si me– scolmo stranamente. Le voci della terra, i ricordi loro quelli detti e quelli segreti, parlano a un modo insieme. È lui Alv~ro e un suo compagno, e paiono già due personaggi di favola. ~ Andia~o a, trov.ar C3:ta -, dice uno. Una donna che essi ricordano da quando apparì loro al primo svegliarsi dei sensi. Non battono neppur13 alla porta; la porta è BibliotecaGino Bianco

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