Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

236 Politici e moralisti del Seicento ziarono una tradizione, non collaborarono al pensiero delle nuove età. Non avevano intorno una vita forte di lotte, da cui solo si genera per l'uomo l'odio e l'amore, restarono frammenti senz'anima di un'età stanca e delusa: l'Italia si raccoglieva e si domandava le ragioni del suo dolore e ne incolpava la politica, cioè i tempi e i costumi; l'eterna risposta degli sfiduciati e degli increduli. E generazione scettica e senza fede fu quella sulla cui esperienza scrissero questi uomini, la cui pru– denza è solo riscattata dal dolore. Allora come allora le ragioni dell'avvenire della vita italiana, quelle da cui sarebbe stata rifatta la coscienza e rifatta l'arte nostra, non erano con essi, maestri di avvedutezza e prudenza; erano con gli altri, i lon– tani, i vinti. Ancora una volta ha ragione il De Sanctis: « L'attività intellettuale e l'ardore della fede rimase privilegio dell'opposizione, si che, dove trovi movimento intellettuale, ivi trovi opposizione più o meno pronunziata, e spesso involontaria e quasi senza saputa dello scrittore. Pure, là sono i nostri padri, là batteva il core d'Italia, là stavano i germi della vita nuova». Tra mene di un secolo la vita nuova si annuncerà con quello Sturm und Drang italiano di cui saranno voce gli eroi dell'Alfieri. Che non troveranno più dinanzi e contro alla loro virtù né saggezza né avve– dutezza. DOMENICO PETRINI. NuNzro V ACCALLuzzo, Fra donne e poeti ecc. nel tramonto della Sere– nissima. Trecento lettere jnedite di I. Pindemonte al conte Zacco. - Giannotta, Catania, 1930. L. 20. Chi fu quel conte Costantino Zacco di cui pochi finora avevano sentito ricordare il nome, e a cui Ippolito Pindemonte, con quella sua caratteristica fedeltà, scrisse lettere su lettere dal 1792 al 1828, per trentasei anni, fino al giorno, si può dire, della morte ? Ben trecento ne sono rimaste; e le pubblica oggi Nunzio VaccaUuzzo in uno di•quei rari volumi eruditi che sono la delizia dei buongustai e che, insomma, sono più piacevoli di molti romanzi. Ma forse questo non è un elogio. 11 conte Zacco era un illustre patrizio padovano, vissuto dal 1760 al 1841; studioso di economia e di finanza, fu Direttore del Demanio e Prefetto del Basso Po sotto l'impero napoleonico; il nuovo regime lo ebbe amico, se nel 1819 l'Imperatore d'Austria gli fece l'onore di visi– tarlo nel suo palazzo. Onde scherzosamente gli scriveva il Pindemonte: « Spero che l'onore che riceveste di aver nella vostra casa S. M. Im– periale, renderà vano, quanto a voi, il detto che honores mutant mores .... >>. Era un tipo singolare d'uomo e di gentiluomo. Dotato di gusto finissimo e amante delle buone lettere («voi vi chiamate ignorante, e nel tempo stesso esprimete i vostri pensieri in modo che pochi di coloro che professano letteratura, sanno esprimere i loro egualmente bene » ; cosi gli scrisse l'amico, a proposito di un suo giudizio sulla versione dell'Odissea), intenditore e buongustaio in fatto di donne, appassionato della bellezza femminile, egli dové in gran pa,rte il suo amore per la BibliotecaGino Bianco

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