Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930
234· PolUioi e moralisti del Seicento quella sorte di studi, per i quali io ambiva e sperava di potermi alquanto separare dal trito e popolar sentiero degli studiosi; e con l'indurmi pen– timento d'avere esposto al mondo parte dei miei componimenti, m'in– voglia a supprimere e condannare al fuoco quelli che mi restano in mano». Alcunché dell'energia degli uomini del Rinascimento è in Virgilio Malvezzi : della dissimulazione onesta con energica accettazione· della forza del mondo dice: « Muore col dir libero il vivere libero ed è odioso al liranno, perché è necessario alle repubbliche. Non si può dire pa– drone di sé chi ha soggetta altrui la lingua .... Si dee_por freno talvolta al parlar libero, quando è già corrotto il viver libero>>. C'è un tono di sicurezza diverso dall'incertezza ombrosa dell'Accetto: ma l'Accetto era un letterato vissuto in istrettezze, domato dalla mediocre vita di una «segreteria))' il Malvezzi era uomo cli .grandi natali, vissuto fra le armi, usato ai maneggi della politica in corte di Spagna, fautore del conte duca d'Olivares : la div~rsità di vita dice molto a chi voglia in– tendere la loro anima. Anche il Malvezzi ha in orrore la politica: « E un'arte da perso la politica .... >>; « I più degli uomini diventano grandi colla frande .... ))_; solo il timore di Dio fa che « gli uomini non arrivino all'estremo delle scelleratezze>>; l'interesse « è l'etica del mondo». Non c'è via d'uscita nel mondo a questa dura legge: non c'è luce di vita morale nell'opera dell'uomo: un mondo così ordinato non può che essere infelice. Il pessimismo cristiano da questa coscienza dell'ine– sorabilità dura della vita muove a scoprir inutile, vana e dolorosa ogni grandezza: « Gli spiriti dell'ina,lzato alla felicità si turbano, come qùelli di colui che molto s'eleva sopra la terra, e, turbati il più delle volte, s'ab– bandonano nella parte del precipizio. Gli amici gli ritrova mendaci, con lusingheria l'ingannano, e, quando no, con l'ossequio lo corrompono. Le occasioni di peccare soprabbondano; il lusso, le delizie ve l'inclinano : che maraviglia è poi se casca, e il più delle volte senza risorgere, per– ciocché ogni cosa l'aiuta a Clj,scare e niuna a ricuperarsi?». La felicità, nel comune dolore, vale l'infelicità: « Nella casa dell'in– felice non v'entra se non la verità; non vi è chi l'ossequii o l'aduli. I suoi spiriti s'abbassano, e più tosto si marciscono essi c]:J.e lo corrompano. Il · temperamento diventa malinconico : affligge, dissecca, mortifica, ~ ad ogni altra cosa nuoce che all'intelletto: onde, insieme con le occasioni mancandogli lo stimolo di _peccare, gli facilita il mantenimento della, virtù». ' · Gli uomini sono povere ombre eh~ la vita dell'universo travolge ine– sorabile e insuperabile: la morte dell'uomo è la vita del mondo. Vale la pena di rileggere questa pagina del Malvezzi : « Non è la miglior cosa nell'universo di quella che è la peggiore negl'individui. La base, sopra la quale ergendosi questo colosso del mondo, palesa la sua bellezza, è la morte. Ella è la parte più grave del concerto, ove stanno appoggiate tutte le consonanze dell'universo. Che cosa, sarebbe egli, dopo la perdita della giustizia òriginale, se non si morisse ? Il timore di quella raffrena gli uomini fortunati. La speranza trattiene gl'infelici dalle scelleraggini. Chi levaisse la morte, leverebbe dalla fabbrica del mondo la pietra_ ango- BibliotecaGino Bianco
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