Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

232 Politici e moralisti del Seicento dualità accorte, in cui l'ingegno è sottile e aguzzo ma non più aperta è l'anima: la forza non ha più il coraggio delle sue ragioni e la violenza si ammanta di acutezza legalistica. Lo Zuccolo trattatista della Ragion di ,Stato, descrive questa po– litica : la sua c~scienza non ha più la maschia energia del Machiavelli, ma si ribella al male : è la sua superiorità e la, sua inferiorità. Per essa egli arriva a determinare nella politica la matrice indifferente del bene e del male morale, cioè arriva in qualche modo a cogliere il nesso che legherà poi, nel pensiero del Vico, l'attività economica all'att~– vità morale nell'eternità della storia umana: ma anche, per essa, figlio di un'età di debole vigore etico, tende a ripiegarsi in sé, ad abbandonare una lotta, in cui n on t rova possibilità di azione, perché, in fondo, non crede più. Nulla di P.iù naturale che egli risognasse, al di là delle lotte del mondo che gli si m uJvev a intorno, un paradiso dell'utopia: la delineò nel suo trattatello La città felice (or ora ristampato in quella così saporita Nuova scelta di curiosità letterarie inedite o rare del Lovarini); il suo paradiso è il paradiso della calma perfetta in una serenità dell'animo, che alimenta il paese con le sue risorse economiche, la vita cittadina con la sua assenza di politica: « La disuguaglianza tra i cittadini è principio e fonte di tutte le sedizioni e rivpluzioni nella Repubblica: l'uguaglianza per contrario è causa di unione e di amore; tanto più che l'uguaglianza ne lla citt à non può neppura:rico ben darsi, se non tra' mediocri» .. E un 'idea.le cli vita politica, nella sua caratteristica rinunzia, schietta– m ente se centesco : la teorizzazione della Ragion di Stato che muove da animi così disposti non poteva farsi energia di iùealità morale : doveva restare un pensiero che non poteva alimentare una, cultura : studio senza fede. Non si può non ripensare a quell'elogio della disuguaglianza che aveva un secolo prima scritto Machiavelli nei suoi Discorsi, intorno ano Stato romano moralmente alimentato dalle energie politiche che si for-. mavano nell'asprezza della lotta di patrizi e plebei. Un'altra vita, un'al– tra anima. Gli uomini della Controriforma amarono guardarsi in seno, amarono tentare i movimenti dell'anima loro a coglierne, dalle vicende dell'azione, l'umano segreto: ma tutto perché l'attenzione si chiudesse in consigli di prudenza. Quel che determina quest'attenzione morale è anche fra noi lo spirito religioso, ma manca ad essa quella larga esp~rienza di anime' che ai moralisti francesi offrì, maestra, la vita mondana : l'interesse loro è più quello di chi vuol praticamente guidare che di chi vuol umanamente intendere. Lo sentite riel trattatello <;'li Torqua.to Accetto, Della dissimu– lazione onesta, Io sentite in quei pensieri cli politica e di morale che Vir– gilio Malvezzi disseminò nei suoi scritti. Figli del Guicciardini, questi moralisti del Seicento : moralisti cui la mancanza di libertà ha tolto ogni fiducia nella vita, in cui il pessimismo del Guicciardini si fa sfiducia verso l'azione. Il savio del Guicciardini ,, ancora un uomo che vive e cerca le ragioni del successo in mézzo alla tristezza dei tempi, questi savi del Seicento banno imparato dallo stoi– cismo che non c'è salvezza che nell'indifferente fuga dal mondo. La dis– simulazione che teorizza Torquato Accetto è un modo di vita per sfuggire 6ibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy