Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930
Politici e moralisti del Seicento 231 si doveva far i conti con essa, si doveva vedere la ragione di questo eterno male dinanzi al bene anch'esso eterno ma mai trionfante. In Machiavelli l'affermazione coerente della necessità politica nella vita dell'umanità, cowtutto quel che essa comporta per l'azione indi– viduale, non si era svolta in una determinazione del valore della politica nella dialettica dello spirito; se si era arrestata· dinanzi alle esigenze della moralità, non le aveva svolte come pensiero, ma solo vissute come umana esperienza, dolorosa .ma non risoluta. Era restata, dinanzi alla · triste necessità dell'umano operare attraverso il dolore ed il male, da una parte l'idea dello Stato che gli appare cosa più alta anche dell'anima propria, dall'altra l'aspirazione a un'inattingibile società di perfetti, in cui regni sola la bontà. Motivi entrambi del cuore, non del pensiero di Niccolò MachiavellL I teorici della Ragion di Stato, avviano in qualche anima più sen– sibile che reagisce come sa e come può, inconsapevolmente, alla aridità morale dell'età, la soluzione del problema che la scoperta di Machiavelli dell'autonomia dell'attività politica nella vita dello spirito, aveva po– sto nella storia del pensiero. Nel piu vivo di questi pensatori, Ludovico Zuccolo, si sente da quale esperienza umana sorgesse in lui il problema della natura della Ragion di Stato : sullo sfondo del suo tràttatello passa tutto un quadro_ della società del suo tempo ritratta da una sensibile coscienza morale : ci sono, nel suo scritto, incisi che sono confessioni preziose del suo stato d'animo. « Ben è vero che per esser radi i buoni governi ne nasce che la Ragione di Stato, la quale si pratica, si mostri quasi sempre iniqua e rea. E per questo rispetto forse anco è piaciuto ai principi il nome d1 Ragione di Stato, acciocché sotto la coperta di vocabolo onesto si potesse in qualche parte occultare la malvagità della cosa»; come i governi i prfocipi, troppo di rado buoni e che « hanno più ampla licenza degli altri di pec– care e più occasioni di sfogare le perverse lor voglie». Lo Zuccolo sa la tristezza dei tempi, ma non ne cerca conforto in un energico ideale mo– rale che al male si opponga sia pure come mito destinato a dissolversi dinanzi alla realtà e a farsi esso stesso male, domani, ma piuttosto in una pacata ricerca di continuità di governo trovato in un accordo fra le leggi e la Ragione di Stato : « Poiché nelle cose umane non si dà l'intieramente perfetto se non per imaginazione e pey desiderio, quel dominio dove non sia gran fatto apparente disonanza, tra le leggi !;l la Ragione di Stato si doverà sommamente lodare e tenere in pregio». C'è in lui una sottile stanchezza di ogni lotta che anima la sua ri– cerca teorica, una sfiducia nell'uomo quanto più sia in alto, fermenti di pessimismo cristiano rìnrio-vati più aspri nel do.lore di un'età senza libertà. Ad un altro_ cattolico, ad un cattolico della Controriforma del 1815, la più alta coscienza morale del cattolicesimo europeo dell'Ot– tocento, la politica apparirà come una « feroce forza>> che « possiede >> il mondo e si fa nominare diritto. Non c'è più nulla, in questi trattatisti, della sicura e serena energia di un Machiavelli : la loro Ragione di Stato non ha più nulla dell'eroico che era nella passione politica del Cinque– cento : le energiche individualità che si creano, attraverso la lotta, con astuzia e forza e violenza il dominio, hanno ripiegato in ombrose indivi- BibliotecaGino Bi2nco
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