Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

210 U. Ojetti / voglia, mi sembra una delle quattro doti. neces~~ril'0i,l critico, ~on _èche un altro nome della filosofia, della, filosofia s intende, « spregrndica ta, aperta _alle impressioni del reale, cauta, critica,,_quadr~t~, equilib.ra! a· » Critica estetica o critica storica critica p&icolog1cao cr1t1 ca umamst1 ca: credo che, per chi ha ingegno, ~sse valgano solo_~ome trampolini d?nde. si spicca il salto: il respiro e la resistenza e·l'ag1ht:), _delnuotatore s1 ve~ dono poi, quand'è in acqua e non teme di scostarsi dalla corda dei pre– cetti e dalla riva delle abitudini. Lo stesso Croce, in quelle pagine, loda il più impressionistico dei critici, Jules Lemaitre, e chiama il Flaubert critico, quello che si rivela nelle Lettere, addirittura filosofo e profondo filosofo. Ma,.tre altri impedimenti s'hanno anc6ra da ricordare a __ difesa dei critici italiani: di quelli, s'intende, che meritano d'essere difesi. E sul primo, forse lei ed io non si va d'accordo; ma sugli altri due spero di sì. Il primo impedimento è che, se da noi la critica mall(~a talvolta di aperta e continua cordialità, ciò dipende anche da-1fatto che alla stessa poesia e al romanzo d'oggi fa sovente difetto questa invocata cordialità. Non risaliamo ai non mai abbastanza benedetti.Promessi Sposi. Ma .ella che in Angela e nella·Stella del Nord ha mostrato, pur in quell'aria fa– volosaiche è tutta sua, tanto diversa e ansiosa umanità, può giurarmi che a scrivere d'un romanzo di Massimo Bontempelli, sempre in bilico sulla corda tesa della fantasia tra il cielo dell'assurdo e la terra della vero– simiglianza, ovvero d'una poesia di Montale vigilata scarnita e dolente, un crollo ili pietrame che dal cielo s'iuabissa alle prode, (cito due degli scrittori d'oggi che mi sembrano più singolari) ci si possa abbandonare a commossi consensi come una volta quando si doveva scri– vere d'una lirica del Carducci o d'un romanzo del Fogazzaro? Noto una. differenza, non stabilisco una. gerarchia. Il secondo ostacolo è la scarsa- popolarità della nostra lètteratura passata, cioè dei nostri classici. E. vero : nella c_ritìca inglese e francese si leggono spesso paragoni tra gli autori viventi e i classici. Anche nelle cronache drammatiche è frequente veder generosamente definire l'inven– zione e i caratteri e il dialogo d'una nuova cominedia o d'un nuovo dramma come molièresques o racirviens. E uno dei più luminosi Ìibri della recente critica inglese, The Problem of Style, di J. Middleton Murry ha ad ogni pagina confronti naturalissimi tra antichi e moderni, tra Shakespeare e Hardy, tra Swift e Shaw. Da noi invece uno che scomo– dasse, non dico il Machiavelli, ma il Caro per lodare lo ~tile d'uno scrit– tore vivente, passerebbe per eretico. Il pubblico, sui ricordi di scuola eviterebbe quello scrittore o gli si accosterebbe con l'animo compunt~ con cui si va a una Lettura dantesca. Anni fa, sopra un libro d'un mio arnie? ap~.arve un art~colo che lo paragonava all'Osservat.ore di Gaspare Goz~1,e I m~enuo amico che non pecca di superbia, ne era arcicontento.; ma 11suo editore lo ammoni: - A te farà piacere, a me no. Un simile paragone ti può far perdere cinque lettori su dieci. Il terzo impedimento alla piena vita della « nona musa» si può infine· Bibl' teca Gino Bianco

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