Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930
I grassi 75 piazm ,davanti al duomo, mi diedero uin bal210 un tuffo d'allegria. Mi sarei messo a urlare, a buttare il cruppel1o 'per aria! Mi riconsegnai poco dopo alla gattabuia, e aspettai lì, per due giorni, per qua,ttro, l'invito. Dopo il colloquio, ,benché un po' buffo, sulla gradi:nata- della chiesa, ero -sicuro che l'invito -sarebbe veinuto. Nom.venne. Allora scrissi a mia rna,dre scongiuram:dola di mandare una lettera agli Agrimonti, mentre due a.uni e mezzo prima, in un'altra mia, avevo riferito eom.uina certa aria di superiorità e di scheru,o, sulla prima visita agli Agrimonti. -Do,pootto giorni, un servo di ca,sa Agrimonti veinne a portare in collegio un biglietto, che m'invita-va per l'indomam.i. Era u:n giorno ·di domenica e io risalii ugualmente di corsa la grande sca– linata a terrapioo.i di casa Agri.monti, a:na non avevo più la ,stessa allegria .... Mi ero messo i:n testa in quelle ultime ore che non era ver,o, che quasi certa.mente in quel colloquio, data la luce incerta dell'aria, ·la mia stessa eccitazioll1e e il poco tempo che avev-o avuto di guardarla, mi ero ilngannato. L'aspetto del palazzo AgTimonti, OOll1 quella sua metà diroccata o lll:Onfinita e con quell'altra metà prepotente e colossale, la presenta,zfone che per prima ,mi fu fattà dal caffettiere quella mattina, tutti i ricordi dell'altra volta, ritor– navam.o e mi agghiacciavano. Entra.i con questa apprensione. Il caso volle ehe anche la came– riera che mi venne ad aprire fosse grassa e i:nforme, e tutte le im– pressioni che ebbi i:n quel primo momento erano fatte apposta, noo .che per distrarmi, per riconfermarmi nel timore. Quell'uomo curvo che, al mio entrare, pa,ssò siloozioso nel fondo di una delle s ale, - -curvo come sotto un peso, ma colossalmeinte grasso, oon le ma.ni bianche e ciondoloni e che non si vol<Se al mio passaggio, - er a certo lo zio misterios o; quei sedioni enormi, an– tichi, che .stav3Jnointorno intorno aJla, gram.de sala con un'iaria stu– pefatta; c-om. i maestosi bracciuoli aperti che pareva aspettassero .ognuno un vescovo da far ,sedere; e la stessa aceoglienza clamorosa che mi fece il signor Carlo, il suo modo di vestire, i giga,nteschi pol– ·si,ni, il· collettone, il -sorriso buffamente compassato della· gmnde moglie ... , tutto era oome la pl'ima, voìta. Ma, oosa nuova, tutti i ricordi di _goffaggine, quelli antichi e le impressioni nuove, mi ritornavano adesso con una luce diversa, improvvisa: quasi di dolore. Mi pareva, davver-o che in quella casa ci fosse un'aria graYe, ma inilefinibile, di peso, di misterioso dfo– lore ; a -dispetto della ricchezza, che fino ad allora era stata per me l'equivalente della felicità. Ma quando sedetti nel salotto, ll1elpiccolo salotto dov'ero stato ricevuto la prima volta, e da una delle porte aperte, per una lunga sfilata di sale, potei vedere che si avvicinava .... era vero, 11100 mi ero inganll1ato. ìbliotecaGino Bianco
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