Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

I grassi Il siJgnor Carlo vibrò con lestezza un còlpo di coltello 111el mezzo del ,Piatto, ed 0000 che dalla pancia dell'animale caracollarolilo, an– ch'essi arrosolati e bruniti, gruppetti di tordi arrosto 001I1 un oorteo <l'i olive e di lardelli. - Urrà, - gridai, e ci mettemmo 3111che questa volta al laivo;ro. :m probabile che quel giomo io avessi anche bevuto U1I1 po' più del solito : certo io !Ilon potei avere dall'insieme che un ricordo dli benessere e di allegria. E runche quando, dopo il caffè, nel giardino, la ragazza bioinda mi diède una risposta iJiltono pa,tetioo : - Veda, in questo paese e specialmente in questa cmìa non c'è altro piacere .... eoco perché si mangia trunt,o, - !Ilonfeci caso alla risposta e il tono patetico, dopo tutto quel pranzo, mi parve leggia,dramente buffo. E amche l'aocen:no che a un certo punto eUa fece, pieno di pietà e di delicatezza, allo zio, non ebbe grrunde effetto. La mia vita era allora difficile. Sballottato da un collegio a un altro con la mainsione di «prefetto>> o «assistente)), ero riuscito a prendere ooo molte fatiche la licenza liceale, ed ero stato destinato in quei giorni come prefetto alla scuola agraria di lassù, oo!Ill'idea di P,\?ter .andare ogni tanto a u,na università vici!Ila, relativamente vicina, di una piccola città delle Marche. La vita del prefetto !Ilei oollegi non la sa chi IIlO!Il l'ha fatta. La responsabilità dei raigazzi ehe son spesso cainaglie, la sorveglia1I1zada parte dei rettori e oensori che son .spesso pigmòli o lunatici, il cattivo mangiare, i ritagli di tempo di cui bisognaiva profittare per prepararsi agli esami, - in - somma la povertà, la stessa aria cruda di quelle cittailine fra le quali avevo peregri!Ilato, l'abitudÌIIle ai libri e alle letture esaltanti, mi avevano dato un senso di ribellione, un bisogno di guardare dall'alto; e io no!Il avevo allora sentimentalismi da regalare alle fami·glie rioche. De gli Agrimonti !ll.O!Il mi rimase che un ricordo di letizia : ge1I1te for.se .un po' buffa, ma fornita d'i ogni comodità e -benessere, e io non rip ensai a loro se non col ,desiderio di un altro Ì!Ilvitoa prrunzo. Invi to c he !IlOnvenne, perché gli Agrimonti, come ,seppi poi, er3111, or.si della più bell'acqua. AIIldavo allora, come ho detto, ogni tamto all'uliliversità di una cittadina di quelle parti : tre ore di un trenino arrampicantesi im per i monti, ,dopo qualche altra ora di calesse o d'i autocarro, trovati alla ventura. Ritornavo, dopo la fatica degli esami e del viaggio, com le ossa tutte rotte, ma la voglia di rinchiudermi iJil collegio, sia pure per riposare 1I1elletto duro della « camerata)), non ce l'avevo. E benché fossi di ritorn o quasi sempre nelle prime ore del mattino, mi piaceva gironzola.re, prima, di riconsegnarmi ifi gattabuia, qualche ora !Ilei caffeucci mattutini della, cittadina, ÌIIl cerca, ahimè, dì avvooture. Avv.enturr naturalmente non c'erano, ma una ragazza, BibliotecaGino Bianco

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