Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

40 M. 1'!Jlore.tti GruvaQIDòl baritono? Mariòcia prima donina? E uno ,scianmto detto MaliI~pìa (maJle in piedi)'! E ~uest~ s~esso ·pae~e ilil i~o1I1do? -~ q uesto canto 1ontamo lonrtano <lJi marma1 che lasciamo gh ormeggi . ' . 1 . ' Booedetto folclore che donava a me le pa.role, a lm a musICa. Vòj che. mi ciama la parunzina bèla : d' iin t' la su' vela d' in t' la su' vela a mi vòi fé un zilpon .... Quel1o .sorrideva, assootiva, par,eva felice di, questo rpo'di dia– . letto. O IIlOIIl c'era un po' di diaJletto anche 1I1ella Cavalleria rusti– cana ? « O Lola ch'ha,i di latti la camisa .... >>. « Voj che mi ciam.a - la parulilzina bèla ... >>. Parole, parole .... Eccomi dU1I1queabilissimo, consumatissimo f,acitor di libretti. È incredibile come s'impari rpresto questo mestiere che sulle pTiime parrebbe tutto particolare e suA, generis. M'aiuta questa ,specie d'ililtuiziolile 001I1 la quatle dowò poi ,semrpre scusa.rmi d.'i sa,per far tante cose senza averle veramoote imparate (e l'intuizione è un'ia:ni– tazione inv,o1ootar:ia che ha fo~se alcunché di ,geni'a,le), m'aiuta la divilila illl•solenza di quest'età strava,gante e sorniona per cui so1I1 facili tutti i mestieri, oompreso quello dell' « orme dei passi spie- , tati >>. E in verità non c'è nulla di più f,acilleche sfo.mare Thil libretto quamdo ,si ,so1I10 sfornate già tante pagnotte. Sapevo fo forse che ilil U1I1'opem ilil musica l'onore è .quasi tutto della musica ? che la pater– nità del mio lavoro mi ,sarebbe stata c,ontesa dal musicista, che si fa .sempre la p 1 arte del leone, glori:a o dli.ritto d'autore ? Oh la invarlenz,a, melica che s'aooapa.rra amche Ila nota, della l:wandaia pure d' espamder-si e di non dar vaJfo['eal disc,o~so ! Triste destino delle parole che, avvilite dalla sublimità della, melodia, ç.iventamo appunto pwrole) pa,a,ole am•oniJI:ne, ,senza .autore, senz·a l'autorità di me stesiso ! Via, IIlOn .è l'ora di questi sospetti. Ciò ch'è Mo o ,mi par mio è boo 1sl1,lva.guardatodalla mia saicrosaITT.tavairizia. Ché dalla mia mensa IIl•OIU avrei laisciato oailere ulila briciola, e se fosse verrunoote caduta mi .sarei chinato, a racooglierla fin ,s,otto la favola~ tainto mi pareva prezios•a, tamto saipevo che avrei potuto a.nco·ra utilizzare una mica. Co.sì, -scrivendo di g,ran settenari e otto1I1ar'.ì: su mi qurudernuccio di scuola, pregùstruvo questa divina ambrosia d'esser l'autore d'un'opera in u!ll wtto come la Oavalleria rus·tic-ana intitolata invece La bocca del lupo. Il moostri1I10rivol,se a ,Miimiuno ·sguM,do d'intelligooza che lì per lì IIl0!llmi piacque. Ma ,quando chiamò 1a mia bella : Ma,riòcia,. quasi ad ammettere che p,r,eparavamo ulila ,grande pa.rte pili' lei; iO' IIlon stavo già più nella pelle. Era un omaggio che si rendeva a ulila BibliotecaGino Bianco·

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