Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

36 M. More'tti quel. tempo essere grossolani e crede11si mostri ,di .raffinrute~m e quasi quasi' di per,versione, essere igmorantis,simi e cr_ed~r ma,g~ alla squisitez~a attica del pro1prio intel1etto, ,essere neti e ·batnah smo a imiit:aireila ca.lligrafia. d'un poeta e le infl.essioilli di voce del primo che capita e cr,edere sempre di dire parole « 1110n d'ette >),cre– dere d'essere un libro stJamprutoe IIlon essere che ·u1I1a carta rusciu– gante. To', è v,ero, UIIla tarta asciugante! Il nostro genio era di que– sta natura. Tutto quel che facevano e dicevano gli altri rimaneva illl noi èome ri.speMhia"to e riimpresso; a:na Ol'a mi pare che le mac– chioline delle idee deturpassero qualche volta la simpatica bizzair– ria de.i disegni e dei ghirigorii. Io ero un rozzo lino deltla Veronica, la più famosa delle carte ,asciuganti; illon per,ché rimanessero in me le tracce più dolorose del volto di Cristo, ma. sì quella bizzarria di disegmi e di ghirigori che no_nsi leggono nemmeno a rovesci,o. Eppure non mi fu difficile capire che il maestrino alle prime armi, che bazzicava per casa, era, al mio confronto, un grosso ignoralllte. Figurarsi che non sospettava nemmeno che Leonamdo fosse il più gran genio di tutti i ,teU11Pi,;rientre Raffaello aveva avuto• la vol– garità ,di lasciai:re o.pere ,a iosa, quasi tutte finite e perfette, e no111 aveva scritto una riga. Era la voga d'u[l Leonardo un po' decadente e io non avrei sa,– puto va,ntare la mia a,ris-tocrazia fotellettuale se ![)0[1 aroe1nmando a Leonardo e al suo inquietante mistero. Accanto al .fr.01I1tespizio del mio primo volUJmetto, oggi, se Dio vuole, introvabile, m'ero io forse peritato d'indicare fra le «opere dello ,stesso)), tutte, nem– meno a dirlo, di p;r.ossima pubblfoazione, qualoosa di questo sapoce : « Di Leo[la,;rdo da Vinci e della ,sua opera civile - oon laude al Maestro>>? Natunlil.moote, non sapevo quale fosse l'opera civile di Leoillardo (non eran certo opere idrauliche) e diel Maest·ro [10[1 avevo letto che le epigra;fi che il D' An[lunzio metteva in fronte ai suoi lihri. Ma « io farò una finzione che siginificherà oose .grwndi>> e « se tu .srurai ,solo tu :sruraitutto tuo >> e « oo,sa bella e :mort·al passa e non dura>> mi parevan tutte cose misteriose insieme e rivelatrici e il . ' fascino del Vinci era qui. iMa,via, che pote,va ,sa.perne •ulllpovero maestro di mUJsica? - « E se tu ,sa.rruiso1o tu s1arai tutto tuo>>, - ripetevo al com– pagmo OO[lU[l'aria ,un 'P'O' sibiillina. - << Grandissima grazia d'omhre e di lumi s'rug,giunge ai vis,i di quelli che ,seggono sulle porte di quelle a.bitaziOil).i che sono oscu:re )). Chi ha detto oo,sì? Il maestrlÌJIJ.o al,1,a,va le spalle. - E se ,parlassimo di B'oothoven ? Ecco, di Beethoven il maestrucolo sapev:a dire forse qualcosa, ma troppo [laturalmente, senza letteratura, ,senza ,sperpero: la se– conda, la quàrta, la quinta, la sesta, la nona. E io [lOn sapevo che i BibliotecaGino Bianc"o

RkJQdWJsaXNoZXIy