Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930
26 M. Bonfantini valente uomo oome il ricco giudeo, qual si sia la situazione, le pa– role, e quindi, 1I1ell'intimo, i sent~menti, non possono non prendere alcunché d'elevato, e la domanda traditrice è mossa oon abile to1110, quasi da riposata disputa :filosofica («Valente uomo, io ho da più persone inteso che tu se' savissimo, e 111elle oose di Dio senti m?lto avanti; e perciò io saprei volentieri da te quaJ.e delle tre Leggi tu reputi la verace, o la giudaica, o la saracina, o la cristiana .... ))); e dopo la bella risposta, il Soldano no!Il solo oomprende d'es,seme vinto, ma la trova tamto degna ed illlgegnosa, che s11bito,svanis-oein lui il ,disappunto e la volontà di male, e ne co1I1cepiscetale stima per la mente di quell'uomo, da ooofidargli liberamente il suo bisogno, e da tenerlo d'allora in poi con ogmi onore come amic,o e consigliere. Qui si può quasi tocoar con mano il miracolo : · la novelluocia antica, l'umille scatoletta di ferro, che diventa lo scrigno d'oro della favola, pieno dii do111i P'reziosii e di c0t11solant,efi,duda. Su questo piano sono dei :fi.1I1issimi capolavori : la commovente e inobile vicenda di Federigo degli Alberighi, la storia dii Ghin di Taoco, di Gentile de' Oarisendi, di Mailon111a Dianora, e di Re Carlo vecchio, l'affettuosissima pagina su Giotto, la misteriosa e delicata e ,sottilmente affascinante rievoooz1oille di Gu:ido Oavalcalilti. E la cura di situare nellla realtà della vita wnche gli atti magnanimi più eccezio111ali, i sacrifici più alti e quasi inverosimili, è tan.ta ; e così s-erio l',affetto per essi, che wnche noi siamo spinti a cre derli, ,almeno finché leggiamo, e ad amarli. U111a ,s,olaeccezione per Grisel,d,a (l•a Gryselidis della traduzione petrarchesca), la cui taciturna e illlattiva virtù è dallo stesso novell– latore chi·aramente oornda111na,ta, e •éUebolmentedifesa da.Il' auto!l'e: senza che vi sia per ,essa caldo interessamento, ma forse un illlter– detto stupore pel ,q,uasi incredibile fetnomeno, che ,solo regge e avviva un pooo le pagillle. Ma « Tito e Gisippo )) è umana, malgrado ogni ma.cchilll,a:romwnzesca; « Torello e il ,SaJk1ldÌlllo )) è quasi un poema di cortesra e di grandezza; fino aJlla impossibile magnanimità di Natan ver,so il giovane Mitridanes, a quel cc dunque io l'ho meri– tato)) del vec,chio signore, miinaociato con la più fer,oce ililgiustizia di morte, che fa cader l',arme di maino a Mitr,idanes, e lo fa buttarsi piangendo ai suoi piedi. , Qui l'umanissima poesia del Boc,caocio tocca il ,sublime: per questo i! narratore d:i umili e naturali vicende è veramente citta– dino, per ,sempre, ,del cc 1I1obile castello)) dantesco. No111 capire questi mbmenti vuol dire non capir nulla del vero Boocaccio; no1I1 amarli, vuol dire ri1I1unciare a uno dei più nobili godimenti spirituali che l'·arte dello &\rivere ci possa, offrire. Ohe un libro illlrtensamente vissuto come questo, profondamente legato alle radici dell'essere suo, sfa stato così rapidamente ahban- BibliotecaGino Bianco
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