Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

Fogli ·di Diario 3 Minho e della Galizia, senza soffrire mai damno o avaria, con un piroscafetto di appena duecento fonm.ellate. L'Eunice invece passa le due mila, e, costruito in Ol3inda trent'a,nni fa, ha questo di stra,or– dinario : che la sua coperta è tutta quanta i,n legno di tek 1 cosa divenuta ,oggigiorno assai rara. Anche il po!Ilte, sul quale stavamo passeggiando su e giù, è in legno di tek. E, vedendo il Capitruno fermarsi e bil3!nciarsi sui talloni, oome uno che vuol dimostrare quamto li posi sul sodo, guardai con reverenza dove anch'io posavo i miei. Ebbe principio in quel medesimo istante il grrun bene che io voglio al Ca,pitano, la fiducia senza,limiti che egli ha saputo ispi– rarmi. In quella sua tacita ammirazio'rte per il legno di tek sooprii che cosa può !Ilasco!Ildersi d'ingenuo e d'appassionato nell'a[limo di un uomo pratico. Qu3!Ildo scendemmo per anda,re a dormire, volle mostrarmi il ritratto del suo bambino. - Che cosa me faremo? - gli domandai sorridendo. Un Capitano di lungo oorso anche lui? - Si strinse nelle spalle, e, crollando il crupo, con molta semplicità mi rispose : - Non vorrei. - Il figlio del Capitano, urn ragazzetto di forse nove anni, mi guardava con un piglio vivace da quel rettangolino di carta. - Che cosa vuoi fare, mo[lello, quando sarai grande ? - gli <l:om3!Ildaiin gran segreto. Ed egli, ammiccando, subito mi sus– surrò: - Il Oapita,no. - Aveva un bel viso sv•eglio, e molto somi– gliante, specie negli occhi, che erano chia,rissimi, a quello del padre. Il Capitano intanto mi ra,ccontava d'una sua sorella che è padr001a d'u[la bene avviata farmacia i!Il non so quale paesello del Regno. Essa non ha figlioli, e se il ragazw volesse .studiare, forse un giol'ìno potrebbe .... Lasciò incompiuta la frase, e, noo conoscendolo già per quell'uomo pratico che era, avrei potuto in quel momento :giudicarlo assai male. Ma dal modo come egli prese da,lle mie mami la fotografia del figlio, d'al modo come, pieno di tenerezza, la riguardò a lu[lgo tenendo il capo leggermente inclinato ·a sinistra, capii che egli [lOn temeva per lui le onde del mare, ma quelle della vita; e la piccola farmacia sperduta in un angolo di provincia appariva ai suoi occhi porto più sicuro di Genova e di Marsiglia. Infine ci separammo 00[1 la buona notte, e io ,non me ne andai subito a riposare, ma rimasi anc-0ra qualche tempo dinanzi all'uscio della mia cabina, appoggiato alla gru della scialuppa N° 2. Vagavo con lo sguardo sulla superficie del mare, macchiata di bianco per un certo tratto; poi buia. Il ciel-O,sul mio capo, era una vela la,eera attraverso la quale poche stelle brillavaITT.o.Della nave, intorno a me, non vedevo che qualche frammento [lel pallido alone delle lam– p3ide qua e là illuminate: la base d'un albero stretta da grossi anelli di ferro, lungo la quale cadeva.no dall'alto pulegge e gomene attor– cigliate; più lontano, verso poppa, la cuffia d'un ventilatore, e ulll'enorme ruota di timone, sulla quale era scritto itD lettere can- Bibliotecc1 C,inoBianco

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