Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

122 M. BoN'l'EMPELLI, Vita e morte di Adria e dei suoi figli Ma Remo e Tullia, no. B~ntempelli ha avuto il torto di mescolar~i in fatti e in occasiòni di vita che il nostro sentimento conosce, che 11 nostro giudizio sa controllare: Per questo controllo, Remo e Tullia ci si rivelano quei che sono: invenzioni fredde, fantocci vuoti. ·Dal ri– flesso della tragedia materna, Tullia pare sia destinata non si sa a che grandezza o eroismo. Eccola studentessa a Roma, tra amici e a:qii– che che discutono e si agitano per la guerra, nel '15. Poi è al fronte ·infermiera. Dopo l'invasione dell'Alto Veneto, travestita da contadina, per raccogliere notizie e spiare, 'rullia si fa trasportare per l'aria e deporre da un amico aviatore in una delle campagne invase. Poi l'eroica spia è scoperta ;Ja fucileranno. Dico il vero : a questo punto, chi legge resta male .. Dopo la .fucilazione di Tullia chi legge resta in quel disagio, e con lo stomaco sosp~so, come. avviene in teatro, al finale cli certi atti: quando la tela si chiude, e non è ancora sceso dall'alto (ma scenderà, scenderà) il primo fischio. Le astrazioni, le magìe di Bontempelli qui non hanno buon gioco. Perché il fronte, i soldati, la gùerra, sono fatti, sentimenti, sacrifici veri; e questo è tutt'un mondo, tutta una gente che conosciamo. In tutto il racconto di Tullia, e non è breve, non c'è un .passo che ci tocchi. Ci sono invece pagine e pagine che, per il contrasto tra l'intima falsità di lei e la appassionata verità che dovrebbe avere il mondo che la cir– conda, stridono e clispiacciono. Pagine che direi sco:nvenienti. Portata di fronte al plotone d'esecuzione, queste sono le ultime parole di Tullia: - Perché sono romana; voglio essere fucilata a mezzogiorno. - Be', que– ste sono cose che non si dicono nemmeno per scherzo. Il quarto eroe del romanzo, Remo, fratello di Tullia, disertore e vagabondo per l'Europ:a, corrotto e infrollito, finisce a Marsiglia in un ·clrammaccio di mala vita, e poco importà: dir come. Queste quattro vite, - di Adria e del marito, cli Tuliia e di Remo, - che dovrebbero costituire H romanzo di Bontempelli, sono invece rac– contate e quasi riassunte linearmente; sono addizionate l'una sull'altra e romanzo non fanno. Peggio, le quattro vite sembra:no inventate per via, talora con una certa fatica di compito. Il tono dello scrittore è un po' stanco : « Tutti li abbiamo accompagnati fino al termine dei loro destini; ora ci occorre vedere in quale modo anche Adria scompaia, come tutti un giorno scompariremo dal mondo ». E chi, a ;misurar~ il calore e l'estro di uno scrittore, si compiace cli riprove e di rilievi sti– listici, può vedere in questo librQ come anche lo stile, la « scrittura» di Bontempelli, han perso molto di quel, nitido vigore, di quel gusto quasi incisivo che erano. ·sue doti. Il libro sarebbe dùnque tutto da buttar vil;I,? Non dirò mai questo di un libro ùi Bontempelli. Alcune scene di Remo e di Tnllia bambini, la pazzia e il suicidio di Guarnerio l'infelice innàmorato, e qualche tratto di Adria .... si salvano. Ohi è nato scrittore, scrittore resta. M;a certo il primo assunto del libro, che doveva essere la .sutura tra il fan– tastico e il vero, e forse proprio quel tale « realismo magièo >> di cui il Nostro si fe' teorico, questa volta almeno è fi:p.itoin niente. Colpa dei critici? Colpa di noi, consiglieri e amici di Bontempelli che l'abbiamo voluto a forza tirar giù dalle nuvole tra cui, con tant~ BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy