Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

112 B. BARBA.DORO, Le finanze della repubblica fiorentina guirsi di prestiti che si accendono, si rimborsano, si sospendono, si tacitano mediante il pagamento di interessi; ma in fondo a questa ridda di provvedimenti sta una realtà dura e indeprecabile. Il Comune, per quanto faccia e si tormenti a escogitare rimedi, si trova nella im– possibilità assoluta di mantenere i suoi impegni e soddisfare i creditori. Peggio ancora. La insolvenza del Comune coincide con la crisi eco– nomica, che ha trascinato al fallimento gran parte delle società mer– cantili, e contribuisce notevolmente ad acuire il male e ad alimentare il dissesto del paese. La classe abbiente che nei prestiti aveva creduto di trovare un mezzo per riversare sulla, massa dei cittadini la parte maggiore dei pesi fiscali, si trovò punita con ·la stessa arma, di cui aveva fatto egoisticamente uso a proprio beneficio. Mentre la crisi economica era nella fase acuta, spontaneamente, e si potrebbe dire per via naturale, si cercarono e clal Comune e dai suoi creditori espedienti, che si possono considerare preparazione di una riforma radicale. Quello, costrettovi dalla necessità, sostituendo la corresponsione degli interessi al rimborso dei vecchi debiti e tenendo poi ad un tasso inferiore questi interessi per ottenere più facilmente finanziamenti nuovi, venne a porre il principio della irredimibilità ; i creditori, alla loro volta, assoggettandosi allo stato di fatto, comincia– rono a, praticare con l'acquiescenza tacita del Comune la cessione dei diritti di credito. La via al consolidamento del debito pubblico era aperta. Ma la riforma fondamentale e assolutamente nuova nella storia degli Stati italiani diffi.èilmente si sarebbe avuta senza il rivolgimento politico seguìto alla cacciata del duca d'Atene e senza l'avvento al po– tere degli « artefici minuti». Giovanni Villani nella politica di costoro vede un attentato rivoluzionario. E veramente la istituzione del Monte, cioè q coacervo delle prestanze, la irredimibilità del debito e la tra– sformazione in rendita perpetua, la libera disponibilità dei titoli permu– tabili all'infinito, la riduzione del saggio dell'interess.e, aveva alcunché di rivoluzionario, perché da nessuno mai tentato e perché si veniva ad urtare in pieno contro le dottrine della, Chiesa sull'usura, la quale, se pur tollerata nella pratica quotidiana, era sempre condannata. Il Co– mune la sanzionava legislativamente, facendole assumere figura, di ele- · mento essenziale e continuo del sistema tributario. Ogni riforma del resto, in quanto urta contro principi e sistemi tradizionali, è per sua natura rivoluzionaria. Il giudizio di valore è. dato dal tempo. E il tempo ha già detto quale titolo di gloria si/li per Firenze la istit.uzione del Monte : anticipazione geniale, anch'.essa frutto della frequente mutabi– lità dei regimi politici e del perpetuo rinnovarsi del ceto dirigente, fatti che tenevano in p_enae angosciavano i contemporanei, ma in realtà eran9 fonte di esperienza continua . . ~e in qualche particolare lo studio del Barbadoro sia passibile di rev1s10ne potrà dirlo chi si ponga a rifare il difficile cammino da lui percorso; ma sono convinto che la linea generale da lui tracciata nori. muterà. ANTONIO PANEJLLA. BibliotecaGino Bianco ,

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