Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930
9G G. Pasquali si può osservare con apparenza di ragione. Ogni popolo deve avere la sua scuola non dirò adatta alla propria indole (questo è un concetto un po' indeterminato), ma conforme alla storia della propria cultura, le– gittimata da questa storia. La Russia zarista, che aveva una civiltà nelle sue radici bizantina, fece probabilmente fiU1;le,attribuendo per influsso occidentale un posto predominante nelle proprie scuole al latino; ha fatto bene il Giappone moderno, foggiandosi una scuola umanistica che ha quale lingua classica il cinese mandarino. Noi siamo latini: tra i Romani dell'Impero e noi non c'è strappo ; a noi la cultura greca è giunta quasi soltanto per il tramite dèlla latinità e non ha avuto per noi mai quel valore prevalente che essa si è conquistata in Germania dal Herder in poi. Noi non dobbiamo, in ossequio a ideali europei, rinne- · gare la nostra latinità, che è insieme la nostra ragione storica. Tali considerazioni sono giustissime. Ma ritardare alquanto il prin– cipio degli studi latini, compensando il ritardo con una maggiore con– centrazione, con un numero maggiore di ore d'insegnamento, non si– gnifica ancora secondo me tradire la latinità. La riforma Gentile ha attribuito importanza maggiore che non si solesse sin qui all'insegna.– mento filosofico nelle scuole medie, ma non ha pensato a principiarlo uno o cinque anni prima. Riservare un insegnamento a chi a esso è maturo, non vuol dire né oltraggiarlo né danneggiarlo, può anzi voler dire ele– varlo : lo studio del latino dovrebbe secondo me, là dove si può, cioè nella sèuola classica, stare non già alla base ma alla vetta dell'edificio. Certo, la civiltà greca è più lontana da noi che la romana, e non ha con la nostra gli stessi legami d'immediata continuità. Ma essa è più originaria, meno complessa, meno condizionata storicamente, più facile per un ragazzo. La civiltà romana del periodo classico ha almeno un pre- 1mpposto storico in più, appunto la civiltà greca. Che cosa intende più facilmente lo scolaro: la regalità omerica, il periodo della tirannide, n sorgere delle democrazie, o la vita pubblica romana al tempo del dominio della nobilitas e la rivoluzione che dura almeno da Silla (o forse già dai Gracchi) sino ad Augusto ?. O, per rimanere nell'arte pura, per chi il ragazzo di prima ginnasiale s'interessa di più, per Omero o per Vir-. gilio ? Tanto è vero che Omero si legge già ora, e çon interesse e con profitto, in prima ginnasiale, in traduzione. Metterebbe conto di comin-, ciare due anni dopo, in terza, con l' originale. An~he a considerare un'età un po' più tarda, io ho conosciuto scolari di liceo appassionati per dialoghi platonici, non ni:i so neppure uno che si entusiasmi per trattati filosofici di Cicerone. , · · Il greco è, checché si .dica da maestri di scuole medie che si voglionp dar l'aria di studiosi profondi, molto più difficile del latino. -Ma la lette– ratura greca è molto più git;>Vanile,e in buon senso si potrebbe dire pue– rile che la latina. Ed è sintomatico che da decenni e decenni, e non sol– tanto qui da noi, maestri e commissioni ministeriali si tormentino con i~ canone delle letture latine nelle classi dalla prima alla quinta ginna-• s1ale. In Italia Cesare, éhe al mio tempo si leggeva in terza è stato credo, promosso al ginnasio superiore; in seconda e in terza si sono al~· t~rnati Cor,nelio e Fedro, tutti e due troppo difficili anche dal punto di vista meramente grammaticale, il primo per giunta di nessu,n interesse, Biblioteca,GinoBianco
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