Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930
1 grassi 81 g_ueste cose, e pen,si al palazzo degli A,grimonti oome alla casa degli orchi? - E poi è inutile, cara mia, - le dicevo altre volte, come ,se fossi dav.rero preoccupato, - è inutile che tu faccia. p sangue degli Agri– monti ce l'hai. ... Vedi ,qui sotto il collo, eh, rnon .si ,sbaglia: qui c'è ·qualche cosa di troppo. E qui sui fiamchi, Dio ce ne scampi e liberi: qui il sangue degli Agrimornti corre a catinelle. Io le vedevo passare .sul viso anc6ra UJU ricordo dli quel velo di paura che ella aveva nei primi tempi della bellezza; e ciò mi pia– .ceva ;perché .me la rifa~va UIJl po' bambina. Ma quando, passati gli amni, neppure la consuetudine di Ogll1i giorno e la sicurezza di vivere tranquilla potevano distoglierla da quella lotta .accanita come contro UIIl'ombra che contililuamente la milJlaicciasse, allora 1J10nriuscivo più a comprenderla. Non capivo come diavolo una do1J1natanto solida e seria e ensì sicura ormai •che io le volevo bene, potesse acca1nirsi in quella lotta e .se 1J1e cruc– dasse. Mi pareva ulila v81Ilitàeccessiva, o una maiilia.... E son dovuti passare dieci .anllli, è dovuto succedere quel che è suecesso : che me la sia vista morire in tre giorni .senza saper come e perché, che io sia ,qua,si impazzito di dolore, prima che ilJl questa zucca dura entrasse una verità così semplice come la vedo ora. Adesso vedo COIIl chiarezza che quella forza, tutta d'emminile, che ella ,spiegava nella lotta per difendersi contro la grassezza, era la stessa che la terneva cosi sveglia e alacre : lontama mille miglia ,dal torpore fantastico e inetto illl cui era naufragata la sensibilità dello zio, e dalla sordidezza di a,varizia m81Iliaica in cui, come ho saputo, è andato a filllire suo padre. E ci son dei gioooi ,di malumore contro me stesso, adesso che son solo, in cui mi metto ilJl testa che quella forza le servisse anche a 1$morzare quel che di donchisciottesco e di fantastico mi passa amc6ra nel cervello. Qui finì il racCOIIltodel mio amioo Capobio111di.Noi eravamo, verso sera, lungo l' Alster, ad Amburgo, dalla parte dove, sorpassata la Lombards-Brucke) la riva destra dell' A.eussere A.lster s'ingemma di fiori e, tra gli alberi, di ville. E poiché io vedevo il mio amico così turbato e ormai taciturno né mi riusciva di distrarlo, lo presi sotto braccio e cercai dì ililteressarlo alla bellezza del luogo e della città tedesca. - È un'altra cosa, è ulil'aJtra cosa, - egli diceva oome bron– tolando, e si staccava dal m10 braccio. Andava qualche volta sulla sponda di UIIl canale, guardava il cielo col viso in aria, come se lo scrutasse. E poi ritornava : - È un'altra cosa. E c'era in quella sua espressio1J1eprottosto che una rassegnazione malilllconica, una certa aria di a,ggressività curiosa, un umore tra lunatico e ironico. Sopratutto m'impressiooava il modo che egli . G. - P~iJaso. BibliotecaGino Bianco
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