Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

Fondiarno u1ui rivista 701 estraneo a quel che 3/CCadequa dentro e come separato da tutti noi da quello strano sorriso, che si è posato sulle sue labbra da quamdo egli è qui ed ora si oolora, quasi, di diffidenza . .Si direbbe che tutto questo gli sembri non avere a che fare gran che oon [a poesia .... Ma~presto è costretto ad uscire anche lui da quella assorta im– mobilità. S'è sentito raspare irn basso, alla porta, oome se un cmne tenti d'entrare; e subito dopo s'è udita la voce di Varnnioola che trattiene la bestia. Poi il violinista appare sulla soglia e, dietro dli lui, è iJlprete franoese. I due tipi sono l'uno l'antitesi dell'altro: per quanto pallido, allampamato, e quasi oereo il violinista poeta, che pare si regga irnpiedi sulle pieghe dell'abito elegamtissimo, tamto è adusto ed acoeso in volto lo straniero, al quale ora egili cede il passo e del quale pronuncia a voce alta il nome, aggiurngendo su– bito: «Notre exquis poète .... )). Poi Vainmicola ci presenta, UJnodopo l'altro, al suo amioo. U111 sorriso e una parolla .per ciascuno; ma quando è la voilta di Sergio, lo straniero aggiunge: - JJai lu) j'ai lu. Vous étes vraiment wn poète, mon jeune homme! Vo,us avez le don, mon cher .... E vuole che Sergio seg·ga accanto a lui, e gli parla a lurngo, sot– tovoce come da u111 coillfessionale, mentre, a poca distanza da loro due, Alfredo ed io oerchiamo di carpire qualche battuta di quel dialogo, e contempliamo illl silen~io la scelil'a: pensuaisi che l'in– contro segni veramente una data per Sergio e da oggi il «nostro)) poeta sia come sottratto a noi dalla gloria vera che non COillosc~ fr.0111tiere.Ne siamo orgogliosi; ma 1I1elnostro segreto brontola un oscuro .senso d'invidia, perché in fondo siamo poeti anche noi due e 1I1essunoancora s'accorge di n9i. Dal vano della :finestra ci giunge tratto tratto la vooe di Vam– ni.cola, il quale si è apparta to coi 1I1ostric-ompagni laggiù e legge loro n· poemetto in pro.sa offerto illl dono alla rivfata. Cogliamo qualche fraseJ modulata dal dicitore oon quella ,sua intonaziOIIle d1 famciullo imbronciato : « E le foglie, che scendono d31i rami e non saaino dove posarsi, soffrorno forse .... )) o « Come un'ostia santa spicca ila luna sul pensoso canto fermo della notte)) o « ~a musica, questa fluidità di tutte le ar·ti, non esprimerebbe forse la vera pre– senza nascosta, l'eucaristia simboleggiante l'ooclusiOIIle del Dio?)) e tratto tratto ci giimgo1I10anche le esclama-zioni rummirative di Do111atel10;ma se ci volgiamo verso il gruppo, ci sorprende il volto del compagno sardo, che oppone all paUore di Vanlllicola la sua ac– cesa samità di ragazzo isolano e, poiché oggi per la prima volta ha preso parte attiva alla vita del oenaoolo, ha l'aria quasi sgomenta dal bizzarro mo!Ildo in cui lo ha cOIIldotto la sua passione di lette– rato venten!Ile. Ma Do1I1atellosi ,st3JCCa dalla :finestra, seguito dagli aJltri, si ferma neil mezzo della stamza e legge un foglietto di appunti : BibliotecaGino Bianco

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