Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930
Fondiamo una rivista 695 però, appena imbocca0 il portone, udimmo la voce di lei che chia– mava il figlio dall'aJlto, e, salite le prime rampe della scala, il ro– more dei .suori. passi che s'affrettavano verso di noi, svegli3.1Ildouno scroscio d'echi minuti e rimbalzanti dall'uno all'altro pianerottolo deserto. Istintivamente ci. traemmo da parte, quando la signora Lina fu davianti a suo figlio e gli si gettò al oollo. Vedemmo Sergio baciarlai due volte e subito distaccarsi da lei, come per guardarla in viso e rendersi oonto del suo stato di salute. Evidentemente per questo; ma così facendo, Sergio, che pure amava con tanta tene– rezm sua .madre, aveva subito troncato tutta un'effu.siOIIled'affetto, alla ,quale la donna si sarebbe abbandonata molto volontieri e che parve tremare u111 momento sul viso e sullle mani di lei, 111ello spasimo dli non aver potuto sfociare. Un mOlillento: quanto bastò perché quellla mancata effusione fosse riassorbita dall'atteggiame111to di dolorosa compostezza che la signora Lina s'imponeva sempre in simili occasi~mi. Da sua madre Sergio volle solta111to il braccio per salire le scale che ma111cavanoa111cor•a, e vi si appoggiò di peso col dlestro, mentre 0011 sinri.stro si teneva al braccio di Alfredo; ed io, che nel frattempo, pregato dalla siginora, ero ridisceso giù a chie– dere oome mai il portinaio 111On si avviasse oon la valigia deposta da noi dava111tial suo stambugio, li ruvidi che salivano a111cora quel modo. Ma Alfredo era rimasto un po' indietro, per lasciare Sergio e la signore. Lina più liberi in qualche foro discorso di carattere familliare ; e poiché le scale di quella tipica casa della vecchia Roma, òscure e grommose alla prima rampa come le scale di rnna cantina, nelle rampe successive schiarivaino alla luce che pioveva dal lucer– nario, quella madre e quel figlio, - a guardarli daJl basso, - sem– brava1110avviati, sul ritmo del loro passo stanco, verso Ulll minu– scolo cielo fermo e spettrale, ed :ùncelarvisi lentissimamente. Go.me dive11so invece Sergio, appena qualcuno lo attirasse nel mondo dei suoi ,sogni e nostri .... Vederlo, la sera stessa del suo arrivo, quandJo, ritrovatici dopo cetna, Alfredo gli riferì le trattative con il tipografo che doveva stampare il Libro per la sera della do– menica e gli mostrò i campioni della carta e dei caratteri proposti da quello stampatore, che si era quasi specializzato nella pubbllica– zi01D.e di volumi di versi a spese dell'autore: palpava la carta di Fabriano con una sorta di voluttuosa insistenza, e, - si vedeva, - · quel foglio e quei mezzi versi, stampati in differenti caratteni., ba– stavano a dargli l'illusione d'averè già fra mano il volume com– piuto e ad accendergli il volto di una luce di mèta raggiu!Ilta. Ma fu la sera dopo, che il cenacolo dei poeti yentenni si riu111ì aJl oo:inpleto intorno a Sergio ad 1ID tavo1i,no del caffè Aragino : c'erano. cioè, oltre noi tre, 11'oochialuto Claudio Sappia, venuto alla poesia da un rufficiodi ragioneria, e l'autorevolissimo Donatèl Zarlrutti, che ibliotecaGino Bianco
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