Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930
L'abate Galiani e il marchese Garacciolo deg,nissimo d'esser veduto, che ho trovato diversissimo dall'idea da ·me fattane sulle descrizioni altrui. Dirle cosa, me ne pare sarebbè lunga cosa. In grosso le dirò· che lo trovo assai somigliante all'Italia ed infini– tamente distante dalla .Francia. ,Si conosce in tutto la novità ed il poco tempo che hanno cominciato ad esser cosa rimarchevole; ma si vede che hanno presa la linea buona clel vero, del reale : onde aneleranno più in là dei francesi e saranno incirca quello che furon_o gl'italiani quando erano una sola nazione, e quello che _di nuovo sarebbero_ se tornassero ad essere una sola monarchia. Non saranno però mai quanto ·furono o potriano essere gl'italiani. Osta il clima, la poca e sterile terra, la popolazione, che non è né può essere più di nove milioni, vale a dire d'un terzo almeno minore dell'attuale italiana. Osta il gran bisogno che hanno di produzioni straniere cli prima necessità, cioè vini, varie sorta di cibi, sete, oli, etc. Osta, finalmente, la posizione di isola, che vieta ogni commercio per terra colle potenze confinanti : commercio che, quanclo è cli brevi trasporti, riesce meno. dispendioso assai che non è la navigazione. La lòro potenza attuale mi pare simile a quella che ebbero i ge– ·suiti. Figlia cli somma industria, d'infinite pene, di gran parsimonia, d'amore entusiastico alla cosa pubblica, al santo istituto: insomma, sforzo, violenza alla pigra scialacquante natura, fatto per via d'entu– siasmo e producente più credito che forze, più incomodo agli esterni che comodo ad essi, più paura che danno, più lampo che tuono, più appa- _ renza che durazione. D~ questo paese si può dire che plus ibi boni mores valent quam ali,bi bonae leges. In niun paese ho visti i costumi più vegeti, iri mag– gior energia. Anche questo è pruova· che la macchina è nuova. Il tempo rallenta tutte le molle, fa tremolar tutti i chiodi: cosa che qui ancor non è. Taluni iindizi, che sarebbe troppo lungo elencare, farebbero sup– porre che oodesta ,gita in Ing,hilterra e i dlis0orsi ool Oaracciolo non fossèro estramei a que1la <<conversione>>econo,mfoa d'eterminatasi nel Gali3111i a principio del 1768 e per la quale, da partigi31110del– l'illimit•ata Ubertà di esportazione granaria e amico e sostenitore dei fisiocraticj ch'era ancora 111el 1765, divenne, prima oon la pa– rola poi con lo scritto, battagliero avver,sario di quella e di questi. Onde è peccato che proprio intorno alla pubblicazione dei Dialo– gues sur le commerce des blés (1770), al modio stesso che sul ri– chiamo del Galiani a Napoli (maggio-giugno 1769), sulla morte del Cantillana (febbraio 1770) e suna destinazio111edel Oaracciolo a sucoedergli nell'ambasciata napotetana a Parigi (maggio 1770), ,manchino oggi le lettere di quest'ultimo, le quali rnolll ricominciamo se non con questa che segue (Londra, 28 agosto 1770) : Carissimo e dolcissimo amico, accuso la vostra stimatissima in data del giorno di sant'Ignazio, a me ignoto, a cui rispondo senza alcuna dimora, essendomi gratissimo conversar con gli amici per via di lettere, BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy