Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930
750 A. GRANDE, La· tomba verde ADRIANO GRANDE, La tomba'verde, liriche. - Buratti, Torino, 1929. L. 10. Era naturale che l'interesse sempre crescente· che da .qualche anno la nostra critica va dimostrando verso le forme narrative e «costruite», racconto o romanzo,. seguendo in ciò lo spirito del tempo e le tendenze più vivaci che oggi si manifestano nel campo letterario, dovesse finire col lasciare in ombra i risultati anche più notevoli della lirica at– tuale. D'altronde, anche· se si debba respingere la teoria affacciata tempo fa dai redattori della Ronda, teoria che fonda~dosi sull'asserzione di un progressivo decadimento della poesia in versi dòpo Leopardi, di– chiarò esaurite le forme metriche e gli alti toni lirici riponendo ogni speranza di rinnova,mento letterario nella nascita di una prosa vigi– lata e riflessa, rinsanguata dalla coscienza attiva della tradizione; bi– sogna pur convenire che la « lirica pura» sta attraversandò, nel no– stro paese, un periodo d'innegabile oscuramento. Ove si escluda la folla ancora superstite degli svariati rimatori, pur ricchi di fiato e di nobili ·intenzioni; non si potrà non aderire alla conclusione formulata tempo fa da Emilio Oecchi, di doversi cioè restringere a poco più del numero rappresentato dalle dita di una mano quello dei poeti veri e propri, ossia dotati di un senso attuale e concreto della poesia. D'altra parte, si obbietterà, qual'è l'epoca che può vantare un numero supe– riore di poeti autentici, se pure modesti ? Ancora, una volta la diffe– renza non è tanto d'individui quanto di clima, e del complessivo orien– tamento d'una generazione letteraria in confronto alle precedenti. Ché non potranno neppure disconoscersi, dal lettore imparziale, le alte am– bizioni della nostra lirica contemporanea nei suoi esempi migliori, al– tezza d'ambizioni e mire determinata almeno .in parte da quella stessa corrosione autocritica e riflessiva, che, come altri ha notato,. sembra minarne le radici e restringerne le possibilità di sviluppo. Anche nella poesia del Grande appaiono assai sensibili i caratteri della nostra lirica ultima, intenta a sfuggire con ogni cura le amplifi– cazioni rettoriche o narrative e le costrizioni di un soggettoprestabilito, riducendo cosi al minimo- quelia « mistica poetica ll- che dominò nella nostra letteratura durante Il regno di Carducci, Pascoli e D'Annunzio e negli anni immediatamente successivi. È già miracolo se il giovane scrittore ligure può includere nel suo libre~to componimenti come A miq_Jiglio, dov'è se non altro riconoscibile uno spunto autobio rafico _pr~cjso. In quasi tutte le altre poesie, la macérazioìie rìflessiva sembra insidiare ad ogni tratto la scoperta ingenuità del - canto, affinché la poesia, privata -d'ogni superstrutìurà descrittiva o aneddotica, ter– mini col ridursi al suo nudo disegno sentimentale. Trasalimenti in– consci della vita abbandonata al suo fluire segreto, in.sensibili frana– menti del tempo, lente cadute delle stagioni nel cuore addormentato : sembra che oggi l'esperienza poetica non rappresenti più che il modo di no tare con barometrica precisione queste vaghe reazioni dell'anima 1 u ~a.na agli influssi cosmici, queste sottili variazioni della temperie sp 1r1tu ale. Ohe il campo proprio della poesia lirica consista principal– m_ente nell'~sprimere un senso diffuso e distaccato della vita, fatto più d1 vagheggiamenti e di nostalgie che di pieni possessi, è regola che, BibliotecaGino Bianco
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