Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930
D. ,PETRINI, La poesia ·e l'arte di Giuseppe Parini 749 distanti, ~ la malinconia e il calore lirico le allontana nel tempo, e le fa più belle, così perdute. Non sappiamo più, o non c'importa, che quelle sono d'un'età •decaduta e corrotta: così come ci appaiono, le ammiriamo, e prima le ha ammirate il poeta, le ha amate tanto, da lasciarne il ricordo imperituro nella pagina. Lì Parini è poeta puro, dico d'animo puro; e di lì s'intende che cosa doveva essere e significar per lui l'amore, l'amor di donna, e la malinconica bellezza del Mes– saggio ad esempio, con quel muoversi delle strofe tutte dal di dentro, e che bisogna saper cogliere nella loro musica segreta, segreta al pari delle ragioni di quella tristezza. Come aveva guardato le cose con la gelosa mestizia d'uno che se le vedeva fuggir via, irreparabilmente, così all'amore guardò con la disperata tenerezza d'un estraneo. E mi par ben poco allora riproporre qui, lunghissimamente, un problema che, a forza d'essere applicato sui poeti più differenti, diventa astratto e perciò stesso inapplicabile; e che potrebbe, semmai, diventare un capitolo di storia lettera.ria con– dotto per sommi capi, o, meglio ancora, il titolo sottinteso d'una per– sonale esperienza, e d'un diritto di più a parlar di poesia con le carte in regola, che non sono mai in regola, abbastanza. Il contrasto insomma tra istinti di realismo e educazione letteraria, nella poesia del Parini, a me pare inesistente, o di pochissimo peso. Proprio ci voleva invece lo stile del Parini, letterario e antico e sperimentatissimo, per rappre– sentare· la realtà che più era vicina al suo genio, e che era antica e moritura come il color delle parole. Non è il Parini grande che aggre– disce, per usare un'espressione cara al Petrini, la realtà, anzi il rea– lismo. Le pitture che più gli piacquero son rare, dico di senso raro, in stile raro ; e la V ergine cuccia, per ricordare la somma cima della sua arte, è tutta fantasia e diletto; e per trovare qualcosa che le si avvicini, e aiuti a capirne il valore tutto nuovo e indipendente, bisogna pensare all'opera del tempo, all'opera in musica: Parini s'era preparato uno stile per cose siffatte. Dite allora che quel suo gusto per quelle parole era letterario e libresco, e non piuttosto fondamentale in lui, e profetico ! Ma Petrini sa bene tutto questo. Allora ? Allora noi avremmo de– siderato nel suo saggio, ·prima. di tutto più unità, e più attenzione al– l'intimo fuoco dell'arte pariniana; e poi che non avesse fatto pesare, su un tema d'altra portata, un argomento soltanto curioso. L'eredità del De Lollis grava ormai troppo sul suo lavoro; e il suo lavoro e il suo ingegno son tali da potersi muovere indipendenti. Le sue stesse contradizioni non sono, come in tanti critici cerebrali, tra il vedere ,l'arte d'uno scrittore a un modo, e subito poi vederla nel modo opposto; ma tra una volontà di teorizzare sempre rinascente, e il continuo ri– scattarsi e prepotere del gusto. E forse non è da parlare neppure di contradizioni, ma di contrasti. Succede allora, come qui, che il lettore ha sì da faticare a cercar l'accordo e la continuità delle parti vive, ma li trova; e sente che la fedeltà a quelle tali ragioni teoriche è volon– taria, la fedeltà al suo gusto, spontanea e vera. In questo senso, quel che di nuovo è stato scoperto dalla critica pariniana è passato in lui, ha trovato in lui un utile sviluppo. GIUSEPPE DE ROBERTIS. BibliotecaGino Bianco
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