Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

746 U. E. PAoLI, Lar Familiaris suo libro « unicamente ispirato al criterio di presentar riuniti e coor– dinati i principali fra quei passi di Cicerone, di Orazio, di Plinio e ~i Marziale che sono documenti di vita privata romana». Nel Lar Fami– liaris ci è ben più che le antichità private. Il Paoli allinea insieme con la casa con il banchetto con i vestiti e con il bagno'« aspètti di vita ' ' coniugale» e, uomo umano, riporta in quest'ultimo capitol~, commen- tate con garbo squisito, lettere di Cicerone esule alla moghe lontana, traboccanti di sentimenti non simulati né pettinati, e mostra di sentire la differenza elle corre tra esse e certe epistole di P.linio, buon uomo e gentiluomo,- ma letterato che scriveva prima per il pubblico che per la moglie. Il Paoli ha chiamato il suo libro Lar F'amiliaris dal nome di una divinità ch'è specificamente romana, ancorché i comici romani_ credessero di riconoscervi un essere divino greco; ma l'avrebbe potuto chiamare altrettanto bene Humanitas, çon una parola sciupata dalle logge massoniche, ma che per i Romani ha incarnato un ideale altissimo dal tempo degli Scipioni in poi. Questa scelta- ci mostra eccellenti Romani dell'ultimo tempo repubblicano e dell'Impero, appunto quali· i più amabili tra gli uomini : la lettera di Cicerone_ al dotto servo Tirone ammalato è testimonio di una tenerezza riguardosa, quali pochi pa– droni moderni avrebbero per i loro servitori. Io ho sempre pensato che i domestici di famiglie di fino sentire abbiano perduto divenendo da schiavi mercenari; e mi rassegno all'abolizione della schiavitù, solo perché penso quali eccessi si potessero commettere da persone brutali o per esempio in piantagioni, dove servi braccianti dipendevano da altri servi o in ogni modo da subalterni senza cuore. Ma Cicerone riesce simpatico anche nelle epistole nelle quali, sessantenne ed escluso dalla vita politica, affetta una grande passione per le gioie della mensa, ma lascia capire che il suo non è se non scherzo doloroso di uomo nato a far meglio. Mi è avvenuto sinora di citare Oicerone e null'altro che Cicerone: non .a caso : Cicerone, nelle lettere che il Paoli riporta, si rivela, tra i quattro autori prescritti dai programmi, la natura più ricca e insieme più sincera. I ragazzi delle scuole medie lo giudicano male, perché non leggono le lettere, leggono troppo presto, quando non sono ancora maturi .a intendere, qualche orazione (spesso una soltanto!) e trattati di filosofia che per ·quell'età sono noiosi. Avvocati colti e fini non ,si conoscono da discorsi tenuti dinanzi ai giurati, in cause. antipatiche, dove si devono destreg_giare: tanto peggio se c'entra di mezzo la poli– tica. E per Cicerone, per le lettere di Cicerone il Paoli ha evidentemente una certa predilezione. Un altro suo beniamino è Marziale epigram- . matista spiritoso e uomo di cuore. A Marziale è riservat~ la parte maggiore di questo libro. S'intende che sia cosi, perché è dei quattro il più ricco di allusioni a usi del tempo, ma non credo si possa negare che il Paoli abbia per lui ragioni speciali di simpatia, il Paoli uomo faceto e autore di un libro d'indovinelli latini in forma epigrammatica, che ha deliziato molti in Italia e fuori d'Italia. E il commento a Mar– ziale, anfore sinora troppo di rado e troppo insufficientemente inter– pretato, offriva al Paoli (che, come la maggior parte degli uomini fa volentieri quel che sa far bene) il destro di volgere a profitto del 'suo BibliotecaGino Bianco

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