Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

Il Oalasanzio 743 poiché vi giunse dopo il coprifuoco la porta della città era chiusa. Dalla strada il ,Santo diede una voce ai suoi che avevan la casa vicino alla porta. Subito essi corsero dal governatore a prendere le chiavi; ma, prima che. fosser tornati, il Santo era nella Chiesetta dell'Istituto in adorazione profonda. Questo è veramente un bel fregio che al biografo non poteva sfuggire. Ma la sua iniziativa che parrebbe, alla fine, confondersi con altre del tempo suo si rivela anche meglio, quando le Scuole pie vengono in contatto col rinnovamento del pensiero scientifico in Italia, agli splen– dori della carità aggiungendo gli splendori della scienza. Lumen additum lumini. Dico i rapporti d'eccellente amicizia che il Calasa-nzio ed i suoi . ebbero con 'fommaso Campanella, l'irrequieto e scomposto domenicano al quale nessuno poteva chiuder la bocca: non tacebo. Ricco di umano sen– tire e d'una sua dolente saggezza, il ,Santo capì la sua pena, e l'ebbe . caro. E gli fu caro e venerato. E anche quando intorno al capo del frate c'erà odor di bruciato, il Calasanzio continuò ad essergli amico, man– dando alla sua scuola di filosofia i migliori tra i suoi, e offrendogli nelle vacanze d'autunno un po' di svago e riposo nella sua casa di Frascati, ov'egli sapeva consolarlo con l'arcano linguaggio che è familiare solo ai Santi. Se non che di più alto splendore si riveste la persona del Santo quando la sua Congregazione entra in intimi rapporti col grandissimo Galileo. Ciò fu quando, nel 1630, le Scuole pie apersero anche in Firenze una casa per la quale il Calasanzio parve poi diventato fiorentino. In quegli anni il gran vecchio intorno a cui era vento di tragedia, e ora– mai era cieco, si spegneva lentamente nella solitudine d'Arcetri. Il Calasanzio capì la grandezza di Galileo, e capì la sua sofferenza; mandò i suoi Fratelli fiorentini ad assisterlo; e questi, tanto bene seppero in– tenderlo, che Galileo se ne giovò fino alla morte come di secretari é ospiti e fidatissimi amici. Q.uanto gli fu caro, tra gli altri, il padre Clemente ,Settimi « persona di molto garbo !:l di straordinario sapere» che gli prestò un'assistenza veramente filiale. Commuovono le parole del Calasanzio al -Superiore di Firenze : « Se il signor Galileo doman– dasse che qualche notte il padre Clemente restasse là, vostra reverenza glielo permetta; e Dio voglia ch'ei ne sappia cavare il profitto che ne doveria ». Gloria del Calasanzio e merito della sua umana comprensione l'aver preparato intorno a Galileo uomini che sapessero essere degni delle sue alte conversazioni e del" suo dolore magnanimo . . Quando la vita dell'Ordine si fu ben affermata ed estesa, pur non cessando mai le diffidenze e le persecuzioni, il fondatore si preparò ad andarsene; e ai suoi figliuoli che si condolevan con lui delle sue soffe– renze, egli soleva con sereno volto rispondere : « Aspettate ad agosto e vedrete quello che Dio permetterà». Parlava della sua morte. Che av– venne· appunto il 25 d'agosto 1648, essendo il Santo in età d'anni 92 meno sedici giorni. Le ultime sue parole furono invocazioni di benedizione sopra il suo Ordine, che ora aveva meglio ampliato il suo campo di lavoro. Poiché il contatto con Galileo segna davvero il punto in cui le Scuole pie, senza rinnegare l'ambiente popolare in cui erano nate, acquistano un carat- BibliotecaGino Bianco

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