Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

592 G. Bitoci i peccati suoi : non ha voluto fare il prete, per amore del teatro i111 musica e ora che è vecchio gli tocca servire la messa cantata. · Ma 'i pieni si smorzano all'improvviso in un tremolio di note :flautate: l'elevazione. Ohe è ,questo? un'arietta che conos00: 1110n so se la Norma o la Traviata) certo qualcosa di molto profa,no, che mi tira senza volerlo a girar la testa. Ma un'occhiata severa di mia madre mi richiama all'ordine: a,nche le contadine in qualche modo si son messe in ginoochio: l'orlo di un sottanone mi stro:fi111a i pol– pacci. La messa ora precipita: il pater noster) la comunione, gli ultimi oremiis) l'ite missa est .... Tutta la chiesa è in piedi, 00n quel mor– morio d'alveare che sentivo pel corso: un seg1110 di croce generale e tutte le facce. si voltano e la chiesa in un attimo si vuota. ' Il maestro lass'ù ha attaccato una specie di polka indiavolata, che pare che dka : presto ! presto ! Sparite anche le nostre contadine! Ci buttiamo a sedere su quella panca, aincora calda, co111 un largo respiro di gioia, come in treno, quando all'improvviso scende quel viaggiatore grasso, che occupava il posto accanto al :finestrino .... Ma ecco la campanella che squilla: entra la messa ultima, la nostra. I ba111chi si torna,no a riempire di uina folla diversa, signorile : eccole le Ricciaroni, le 'Biondi, la c0111tessa Stacciola .... proverebbero anche qui, passando, i mezzi sorrisi e le mezze riverenze, ma mia madre legge la sua Filotea) imperturbata. Sono io, invece, che son stanco : non riesco a seguirè il :filo delle mie Massime Eterne) 0ome quando a tavolino mi inciampo in u111 periodo ingarbugliato di Cornelio, e sto delle ore a guardare le ·mosche v,olare, e a riprussare con la penna le venaiture del legnò .... Dove saranno adesso quelle care contadine? I mariti certo al– l'osteria; stamattiina ffalla tenda rossa di Gigione usciva un odo– rino di trippa in umido, che diceva « mangia maingia ! )) e le donne poveracce si contentaino di quello che han portato: sedute sull'orlo del marciapiede, mM1giu0chiano senza bere, finché si attacca la biga .... Poi partono tutti, ma arriveranno tardi: son tanto lunghe quelle strade su pei monti! finché si è al piano, il polverone, e poi, quamdo si è voltat•o, a sinistra o a destra, che rompicolli! e i fossi da guadare, e quel sole! anche le querce sembra che non faicciaino più ombra, tanto son piene di cicale! ... Ohe nomi buffi hanno i nostri monti! Monte Falcuccio, Monte Paganuccio .... Sembrruno dei monelli! oppure nomi di donne : le Rinforzate, le Oesane .... Tondi, rossi, con ,quei gelsettini iin fila, e quei solchi paralleli che scivolano giù per la china, verso il fosso orlato di ginestre .... e sulla cresta, C01ntro il cielo, due o tre querce grandi, distanti e un ci– pressetto solitario .... Eppure, quando ripartiamo alle quattro, e BibliotecaGino Bianco

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