Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

582 M. Praz r,ine en 1750. Due guardie, che a farlo apposta IIlOIIl .se ne poteva scegliere e-oppia più antitetica, uno sparuto oome Stelilteretllo, l'al– tro U1I1 grassone ool IIlaso a paJta,ta e dei mustacchi imbiz.zarriti, oer– cavan di arginare la folla ool gesto, con la voce, e colil la forza. Mà l'ulilioo mezzo efficace l,o trovò il grassone, puntellallldosi contro la. gente coo tutto il suo peso, a prezzo d'una sudata favolosa. Da.Ila gola gli usciva ulil Aaaah prolU1I1gatocome un rantolo. Siccome non v'era altra ùscita che l'entrata stessl:l,,la posizione della disgraziata guardia fini co111 l',assumere la dignità d'un ~tormento infernale, quando la foHa di ,ooloro che volevano uscire diveirunenolil meno c-o– piosa e insistente di quella che voleva entrare. Dentro, il caldo fa. ceva ,strage delle truccature dei filllti settecenteschi: il rossetto e 1a cipri,a misti ,a polver,e colavano giù per le ,guacnc.edei falsi aila– bardieri, dandlo ai volti l'aspetto di stampe dozzinali coi colori fuori posto. Nel "t>araooollle della lotfa greco-romana alcuni aspi– ranti atleti di villaggio m3<lfatti e bfo111dastrieran presentati da un imbo111itoreilll maglia verde, un trippo111edal naso camuso nel rviso tondo. A quel che mi riuscì di capire, le -lotte i111tendevanò d'essere ·umoristiche, ma tutti eram così estenuati daJ sudlore che non era pos,sibile trovar. comica la f.accelllda. Un bio1ndo membruto ma molle (- Regaràez la structure de ce gaillard! - urlava Fìm– bolllitore) metteva colle spalle in terra, dopo fiacchi abbracciamenti e divincolamenti, urio sdentato tisichello dai capelli bru111i ricciuti appiccicati suHa fro111te come sul cranio d'un morto. L'uomo verdt> complimentava il viinto c]'aver resistito così a lungo a quell'Ercole. Un altro gagliardo abbracciava alla vifa U1I1 vecchio vestito da CO!tl· taidino, lo rivoltavia in tutti i seinsi oome un famtoocio di oenci e lo depooeva in terra tra le stracche risa della gente. L'altro si limitava a batter le ciglia sugli strabici occhietti porcini : i _baffoni finti gli stav·ano a ·sghimbescio. Sic;eome i lottatori eran vestiti di vecchi stracci, u!Il aicre odor di mi.seria addentava, le nari. Il battello che risale la Senna parte dal Havre alle sei e trenta di matti!Ila. A quell'_ora le acque del porfo son cilestrine, verniciate a,ppena dal. sole; i legni politi e scintmamti evocano la freschezza, di bucce di frutti. Entrati nella Senna, ci giungeva odor di menta– ,stro <lai ,pascoli delle rive. A Quillebeuf le case e il piccolo faro eran candide 1I1ella fresca mattina fra le verzure ancor sonnaochiose e le acque vive del fiume penetraJto dalla marea; l'ardlesia dei tetti •aveva il color cupo dell'mdaoo; tra il biacnco e l'indaoo i mattoni inserivano la lor gaia nota rossa. E questo è du!Ilque Villequier di cui legg,emmo il nome Ìill testa a Thllapoesia di Victor Hugo ~he ci piacque 111ellaprima adolescenza, e che IIlOIIl gioverà -rileo-gere ,adesso? In ogni modo, ameno è il luogo ai piedi delle boscos: col– line, e amenissima la casa, dlel poeta, bianc,a con due loO'gerustiche ai lati, preeeduta da urn giardino :fiorito dt gerami e :fi~aicheggia,to BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy