Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

572 G. A.lvaro gere. La 111:otte calava oome ulila lU111ga dimenticanza, ma lei si sve– gliava talvolta aJll'imp,rovvìso per veder,e s,e lui c'era anoora. Che non si fa quamdo si è innamorati ? Ella si presentava a lui nelle albe 111uove coi :fiori infilati nei capelli, perché queste c,ommedie gli piace– vano. Egli parlava delle do1I11I1e conosciute aJltrove, ed ella stava ad asooltare perché voleva imitarle. Poi cominciò a trattarla pegg1o, e nei momenti di furore p;iù frequenti le diceva: - La mia sorte vuole che io sia l'ultimo degli uomi111i,mentre volevo esser,e ill primo di tutti e il migliore. Tutti si danlllo da fare, e io chi sono? Un vagabondo, il figlio di u1I1a d-onna' come la Pirria e ·no111 mi chiamo neppure Mezzatesta, ma mi hanno messo IIlome Belfiore, un 1I1ome inv,entato. E tutti mi canzò- 111ano, lo .so, anche se 1I1onme lo dicono :i:!Il faocia. La 1se:ria prima, che vi fosse l'inoondio ,della ,stalla dell' A.rigirò, si presentò l' Andreuccio :i:!I1 casa del sigmor Camilllo, scortato dai suoi dlue fratelli, il Titta e il Peppino, che tutti sanno che vagabondi . sia1110 e che gente da discordia. - V,oi no1I1ci volete rioonoscere tutti e tre ,per vostri figli ? Non uno solo, ma tutti e tre, diciamo, perché siamo figli della stessa madre. Oramai siamo gra1I1di e dobbiamo pensare alla nostr,a vita. In paese ,tutti salgono e noi soondiamo, tutti fam1I10qualche cosà e noi no111faociamo nuilla. Chi torna coi soldi dall'America, chi studiia, chi si trova un me– stier-e. 801I10finiti i tempi d'una volta, e fra pooo, se non stiamo attooti, siamo lo zimbello di tut-ti. V,olete ric:onoscere soltamto Andreuccio ? Nossignore, tutti e tre. E a tutti e tre U111a parte della terra e della p,ropriietà. A ogmuno quello che gli. tocc,a. Decidetevi e finiteil.a una buona volta. - Ma il voochio, duro, e questa volta era alleata di lui a,nche la Pirria. Quelii tirarono fuori le rivol– telle; legarono il vecchio alla tavola, fiino a che disse di sì, che avrebbe fatto ,queUo che dicevamo [oro. - Ve ne approfittate per– ché so1110 v,ecchio. Ma il 111ome dei Mezzatesta .... - V,oi lo sapete che l'av,eva sempre oon quel benedletto nome dei Mezzatesta. Alla fillle chiamarono il segr-etario -del Comune, furono fatte le carte di legittimazione dei figli, e davanti al 111otaiofurono spartiti i beni. Ma i111 quel pu1I1to saltò fuori il Lisca ill quale chiese alla Pirria la restituzione· diei denari che le prestava dia anni, o in cambio la terra del mulino e il muli1I10.E che ne av,eva fatito la Pirria di quei. soldi? Chi li aveva ;mai veduti? Ma il Lisca voleva es– ser,e pagato, perché li aveva prestati alla signora Mezzatesta. Il sig,nor Ca.milllo, con la 1s111a solita voc,e stra,scic;1ita disse: - Pialllo, la Pirria non è ;m:i:amoglie e non lo sarà mai. - Per chetare il Usca, gli diedléro quella povera :i:!Ilillocente dèlla Saveria·. per mo– g1lie,che lui voleva da tanto tempo, da quando era rimasto ve.dovo, e la poverillla ipiangeva da spaccare il cuore. Ma quando i patti furono c-01I1clusi, i tre fratelli div·ennero tre diavoli dannati. _ Ah, BibliotecaGinò Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy