Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

n pessimismo di 1m apologista cristiano e toccato con le loro mani ? Essi hanlilo soltanto congetturato : e gli altri appresso a loro ha1I1cl'eduto. Ogni scuola filosofica ha le sue verità scientifiche: ognuna dli queste verità ha per base la opi1I1io1I1e di un uomo che fa da garamte. Anche qui credulitas dux) la fede è la guida. Tutti credono e 1I1essuno ha sperimentato. Voi credete a Plato1I1e, a Pitagora: voi uomini senza pace; noi crediamo al Cri– sto, e abbiamo paice itn lui. Credetegli anche voi : sarà meglio in ogni modo. Nessuno dei vostri maestri ha fatto quello che il Cri– sto ha operato per attestare il suo divino potere. Egli ha chetato la rabbia del mare e i .furori delle tempeste; ha sanato i ciechi e gli storpi; ha risuscitato i morti. All'evidenza dei divitni prodigi, dall',oriente e dall'occidente sono venute le turbe dei fedeli; e nella grande Roma, signora del mo1I1do,uomilili devoti agli antichissimi riti sono ace-orsi alla verità cristiana (II, 8-10). Aocorrete anche voi: sarà meglio itn ogni modo. Non volete arrendervi alla evidenza dei miracoli, inon volete credere alla promess-a del Cristo. Dite che è falsa : dite : ma -dimostrare nOIIlpotete, perché sulle cose future nessuna dimostrazione è possibile. L'avvenire non ci co1I1sentenes– sun amticipo sulla indicazione .del 1I1ostro intelletto. Secondo ra– gione la promessa del Cristo può esser vera come può IIlOnessere : l'avvenire sarà o il sì o il no. Queste sono le due tremende parole su cui dobbiamo scoinmettere. Su quale p,1mteremo? Il ragiona– mento ipiù sempHce ci dioe: su guelfa; cris.ti• allla. Se è la vera, aib– biamo tutto guaid'agmato; se no1I1 è la ver-a n on abbiamo nulla per– duto (II, 4). Cristo operò i suoi prodigi perché gli animi duri e ilil– cred uli sapessero che non era falsa la sua p,rorriessa e dalla beni· gnità deile sue opere appr-endessero che egli era vero d10 (I, 47). E.gili socoorse ugualment,e a buoni e a cattivi : né fu respitnto nes– suno che gli chiedesse aiuto nelle avversità. Questo è infatti pro– pirio di un dio vero, non negare a nessuno la propria benignità né 001I1siderare chi sia o no meritevole : giacché la natitrale infermità fa Fiiomo peccatore) :non la scelta della 1:olontà (I, 49) >>. Ohe vuol dire qui Arnobio ? Siamo alla negazione del libero ar– bitrio? Se all'uomo è negata la facoltà e quindi la respons·abilità del volere, che oosa egli avrebbe potuto rimproverare e minacciare ai pagani? E in che modo poteva, invocare l'esercizio della ratio purior) del ragionamento più semplioe, nel proporre il celebre que– sito : « ,e se la pil.'Omessacristiana fosse vera ? )). 1 Realmente Arnobio nega che il male operato dagli uomini sia volontario. Secondo una, opinione pagana, di cui è traccia nel oom– mento di Servio a Virgilio (Aen. VI, U), egli afferma (II, 16) che le anime nost•re nella rapida discesa verso i oorpi subiscono itnfl.us- si astraJli che costituiscono le passioni e le ,malattie del nostro •Slpir ito. È questa la cc naturale infermità>> che ci rende viziosi e malvagi. Gli uomi!Ili non soo10 resp01I1sabili delle loro colpe fino a che non BibliotecaGino Bianco

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