Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

ll pessimismo di un apologista cristiano 547 capitali della dottrilila cristiama? Arnobio è quasi il fondatore di u111a strana dottrina antropologica e animistica. L'uomo cristiano, n,0111 la pagina cristiana lo ha· sedotto. Egli ha sentito l'annU111cio dei miracoli e della promessa del Cristo, ha udita la voce nuova della preghiera, ha visto lo spettacolo nuovo del martirio e si è ab– bandonato a questa fede che non ragio111apiù e che vede 111ellamorte apparente dell'uomo la sorgente dlella vita e della morte eterna: perché è morte apparente quella dell'ora in cui si chiudo[lo gli occhi a chi no[l resipira più. « Le anime sono di media qualità, - egli di<le, (II, 14), - sì che possano morire se avranno ignorato Dio, e conquistare la vita se saranno andate verso di lui. Questa è la morte vera dell'uomo: questa che noo lascia alcun residuo; ,perché que!lla che [lOi vediamo è distacco dell'anima dal oorpo, 1110111 l'estremo fine dlell' anrnullamento. Questa è la morte vera degli uommi, quando le anime ignare di Dio, attraverso lunghi tormenti, saranno c-onsuJfil.1/te dal .fuoco ». Dunque, quella è la terribile morte, quella che chiude_ per sem– p,re la 111ostraesistenza,· 3!nche se ci libera dai tormenti. Più di così non si può essere sitibondi di vita: e UIIlO che ha tanto di odio pel genere umano e di ,amore per la vita non può. approdare che i111 porto cristiano. Il cristianesimo ha fatto della morte l'entrata verso - un mistero ilBesplicabile e insensato come UJI1 incubo : verso una c0111oscenzae una felicità perfetta che intanto SO[lOl'ignoto ed il nulla. In realtà la gioia della vita eterna è la gioia del 111-0111 morire; non è fondata sulla persuasione e la speranza che si vivrà in eterna beatitudine, ma sul consolante poosiero che IIlOIIl si morirà più. I gaudi della vita celeste sono fuori dei nostri sensi e n,9111 possono essere desiderabili perché no111 sono CO[lcepibili. Tutte le religio111iracchiudono in sé questo immenso terrore della morte. Dissipare questo terrore fu la grande impresa mo– rale dell'antica filo;3ofia: vivere con la coscienza di dover finire; rnon far 111ullaper evitare l'mevitaibile; non avvilire l'esistenza né contristarla dmanzi a ciò che sarà, anzi a ciò che è, perché noi cotidie morimJUr) ogni giorno si muore·: vivere con la morte, Ìlll– somma. E i cristiani morivamo per vivere. Due mondi erano. Mors ultima linea rerum : già : ma pei cristiani quell'ultima linea era il principio dell'eternità. IV. Il Ori.Bto è colui che agli uomini ciechi e spietati mostrò il lume della vita e schiuse le porte della pietà e indicò loro il Signore cui tutti devono sottomettersi : Dio : la parola misteriosa che ci viene subito sulle labbra quando leviamo la faccia al cielo per i111vocare un testimone o un soccorso al 111ostrodolore (II, 2-3). BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy