Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930
I 526 G. Doria Mitre, grande amioo dell'Italia e degli italiani, traidutiore della Divina Commedia. Sentiamo iJ suo ra,coo111to: La personalità di Garibaldi esercitava sulla mia immaginazione una specie di fascino che mi attraeva irresistibilmente, per le imprese che di lui avevo sentito riferire, e per uua specie di mistero morale che lo avvolgeva. Solo tre volte lo avevo veduto in vita mia, senza avere oc– casione di parlare intimamente con lui. La prima volta che lo conobbi fu quando egli abbandonò il servizio della repubblica riograndense ' dove aveva lasciato una fama romanzesca per il suo coraggio e la sua, elevazione morale. ,Si tratteneva con vari proscritti italiani che intona– vano l'inno della Giovane Italia, il cui coro egli accompagnava con voce dolce e vibrante, mentre mangi.ava un pezzo di pane intinto in una salsa d'aglio alla genovese, bevendo un bicchiere d'acqua pura. Mi dette l'idea di un uomo che avesse in sé l'ubbriachezza sacra, e che non avesse bisogno di alcuno stimolante estraneo alla sua natura per elevarsi alla regione dell'entusiasmo sereno, - La seconda volta mi si presentò tranquillo, dominatore come il genio della battaglia, in piedi sulla poppa cli una navicella armata con tre pezzi, che portava a ri– morchio due lance cannoniere, con le quali sfidava la potenza della squadra del tiranno Rosas, che bloccava il porto di Montevideo. Im– barcazioni P- uomini parevano obbedire all'impulso della sua volontà, e allora compresi il suo potere d'attrazione in mezzo al pericolo. - L'ultima volta lo avevo veduto per caso nel quartiere della Legione italiana. Anzani, il suo secondo, che era il bastone ferreo della disci– plina del corpo, gli rivolgeva queste parole nel momento in cui si di– sponeva a castigare alcuni legionari : « Vattene! A q·uesto tu non sei buono! » E Garibaldi aveva obbedito in silenzio al suo secondo, fer– mandosi a cavallo sulla porta del quartiere. Eseguito il castigo, la legione usci incolonnata, temprata come una spada d'acciaio, e pro– ruppe in « evviva» entusiastici a Garibaldi, che la condusse quello stesso giorno al combattimento, con quella irresistibile attrazione ma– gnetica che aveva in sé e che era maggiore nei momenti disperati. Ora, all'alba del 17 novembre 1843, una oolonna di fanteria, pre– cedluta da alcuni g1lerrilleros, usciva dallla li111eadelle fortifica– zioni della città assediata : era oomposta dal 30° battaglione di linea, formato di negri liberati, al comamd:odell'argentimo Antonio Lezica, e da una parte della IegiQne italiana. La piccolla truppa era oom.3Jlldata dal oolonnello José Neira, oriundo galliziano, 111a-• turalizzato uruguay3Jllo, già segnalatosi a Buemos Aires nel 1806 e 1807, oombattendo contro l'invasione imglese: bella :figura di so[– d:ato, ca nuto, dal oolorito Mceso, giovernHnrente diritto ,sul c•avallo biam.oo ,1nm ostant-e i 60 anni suonati. _P,ocheore dopo le vedette annunzia vano che forze nemiche si dirigevano su quell'avano-uardia degli russedia,ti. Il giovame Mitre aocorse sul terrazzo dov'e~ano le vedette e ivi trovò GaribaJldi che « a,ppog.giato om ambo le bra,ccia BibliotecaGino Bianco
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