Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930
C. LINATI, Memorie a zig-zag 629 sono stati. E utili riescono senz'altro al critico che veda in essi un'ul– teriore prova, ce ne fosse bisogno, delle vaste curiosità che sono come sottese all'arte migliore e più pacata di Linati. Questo preteso parnassiano è uno degli artisti più irrequieti e scon– tenti della sua generazione : in lui persino la « fedeltà lombarda » non è stata soltanto un avviso del cuore, un ripiegamento e un controllo, ma anche un'avventura dello spirito, accettata liberamente in un pe– riodo di avvilimento dei valori formali e di artificiose stamburate li– beriste. Ma vedete quel ch'è successo a conti fatti, e dopo l'instaura– zione di un regime letterario neo-classico e puristeggiante; quando pareva facile a uno scrittore come Linati ricco fino all'inverosimile di schemi verbali, di risorse stilistiche e di espedienti letterari, di farsi confermare, e tanto meglio fin che durasse, le ambite palme del « bello stile » dei nostri giorni. È accaduto tutto il contrario di quello che prudenza e furberia consigliavano. Ed ecco Linati che parte in terza senza ritegno; il suo linguaggio, che sanamente barocco era fin dagli inizi, si screzia e si corrompe in preziose articolazioni (troppo spesso libresche, però) e realizza, o tenta almeno, nuovi e alambiccati compromessi fra Toscana e Lombardia; le sue fantasie, che avevano già fatte alcune incursioni nel regno della mitologia, si sbrigliano nel fandango tabarinesco del dopo guerra. E .mentre d'attorno s'invoca dai migliori l'arte maiuscola e un poco gelida della nostra alta tradizione, ecco questo compassato ma ostinatissimo turista letterario venirsene. fuori a dirci: « Che volete dunque che si presti più fede a questa grande follia della Letteratura e che la si abbia in maggior conto di uno sport o, tutt'al più, di una maniera graziosa per passare il tempo ? Io almeno l'ho avuta ,sempre in tale conto, e non me ne sono trovato troppo male». Qua la mano, amico Linati. Non c'è forse nulla di vero in si'mili parole, e Linati è in ogni modo tra quelli che più hanno sofferto la propria letteratura. Ma fa quasi piacere, fra tante geremiadi di predi– catori privi di gusto e di esperienza, sentir parlare così un artista per grazia di Dio. E anche qui, nelle Memorie a zig-zag, l'artista può son– necchiare talvolta, ma è raro che si addormenti del tutto. Se ci accostiamo a questo nuovo libro che raccoglie i più degni di· ricordo degli scritti sparsi dal Linati in giornali e riviste negli ultimi tre o quattro anni, non ci torneranno inutili le considerazioni con le quali abbiamo cominciato la presente nota. Solo così potremo comprendere il senso e il sapore di certa divagante curiosità; solo così potremo gustare la pienezza semplice umana e triste di taluni ritorni .alle certezze della natura e del sentimento comune. Poiché a zig-zag qui vanno soltanto gli argomenti : note autobiografiche, un ritratto letterario, un bozzetto modernissimo (Flauti e corni) e paesaggi, in– numerevoli paesaggi. Ma lo stile non è poi discontinuo, a prova con la materia. È invece, nei brani in cui le necessità del giornalismo s,ono ~uperate, limpido, tranquillo, senza più eccessi di bravura o scialo di accostamenti e di trovate. E non è neppure lo stile tutto «cose», sécco, di chi a forza di buttar via s'è disfatto anche di quell'incanto verbale ch'è tanta parte della poesia. È lo stile gelle Orme di Renzo. Lo ri- BibliotecaGino Bianco
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