Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

621 B. CrcoGNANI, Strada facendo si leggeva una volta, per sfogare il cuore. L'esercizio dell'ar~e no~ l'h~ indotto a quell'atteggiamento di astuzi~ eh~ soven~e, con gh :1nm! .chi lavora viene ad assumere nei riguardi dei propri strumenti; rimet- . tendo in cordialità di emozione quanto guadagna in rapidità ed ele– ganza. Nello stesso tempo che tutto ciò aiuta ~ capire la vittoriosa sin-. cerità del tono spiega altri aspetti, meno favorevoli, di quest'arte.· Dal primo' libro, Storielle di nuovo conio (1917) '. si assiste al c_on– tinuo allontanamento del C~cognani dalle forme eh quel « macchiet– tismo >> nel quale sembra essersi fissata, con vittoria troppo facile; una parte della nostra ultima novellistica. Nelle Storielle, e ·più o meno nell'ordine di questo « macchiettismo », era fra tutti bello un .racconto : La Zaira: e mi pare di sentir ancora l'acuto odore dello stallatico, per– ché questa Zaira era una cavalla, eroina di avventure che nessuno, in realtà, avrebbe avuto coraggio di chiamare cavalleresche. In Gente di conoscenza, e sopratutto nel terzo volume, Il figurtnaio e le figurine (1920), già si poteva accorgersi che stava succedendo qualche. cosa di nuovo. Abbaidonata quasi del tutto la forma della novella, il Cico– gnani tentava di concentrare i propri motivi, e portarli ad una ragione più lirica; un po' sull'esempio degli scrittori di poemetti in prosa, e non gli veniva bene; o, almeno, sembrava non ci facesse un guadagno. Lo stile del poemetto in prosa presuppone un lavorio critico, una con– quista di essenzialità verbale a cui il Gicognani, troppo narratore e pittore, q.ifficilmente potrebbe giungere. Contempora.neamente, egli se– guitava a darci figure e figurine, le quali erano sempre più il contrario della «macchietta>>. La macchietta è sufficiente a se stessa. Vuol mo– strarci ridotto a una sigla, e quasi sempre la stessa sigla, l'universo. E invece, coteste figurine sembravano volersi tirare dietro tutto un mondo, di cui, per il momento, non si vedeva che qualche ritaglio. In certo senso, si sarebbe potuto dire che alcune di tali figurine uscivano da· un romanzo inedito o perduto; erano le immagini superstiti di un dipinto scancellato ; ·e si tendevano le, mani, cercando di ricongiun– gersi sopra le parti distrutte e sepolte dalla imbiancatura. Venne, in fine, il romanzo: La Velia (1923); ed è rimasto fra i tre o quattrò, al massimo, degni di sopravvivere, nella produzione dell'ultimo decennio. M~. dopo L_aVelia, il Cic?.gnani è entrato in una nuova fase di prepa– razione. 81 sente che i risultati, spesso bellissimi che gli avviene di raggiungere, non lo soddisfano che a mezzo. Rav~icinandÒ il volume odierno a quello del Figurinaio, credo d'esser nel giusto; anche per quanto riguarda la probabile soluzio;ne della crisi in un nuovo romanzò. E leggiamo Strada facendo. Non c'è forse. nessuno, fra i nostri narratori d'oggi, che lavori con giuoco scoperto, come il Cicognani. Egli dice tutto, commenta tutto e fa veder tutt.o. Quando assoluta– mente dl;\vericorrere ad uno scorcio, a un artificio (come per esempio quella maniera d'esposizione ipotetica, nelle u.ltime- pa'gine del Prl mogenito), lo vediamo che apparecchia e accende la macchina sotto ai nostri ?echi. T~lvolta, lascia in ~enomb:a uno spicchio del personaggio; ma la mtegraz10ne non sempre s1 compie. Cosi nella Zia Doralioe • e in ultimo si resta davvero col dubbio che questa Zia la quale do;rebbe riu~cire ironica ed insieme affettuosa come 111, Prov;idenza, sia soltanto .BibliotecaGino Bianco

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