Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930
La pronuncia del latino 613 bene a viso a chi non si è ancora avveduto che i suoni che si formano con le labbra sono il p, il b, l'f, e chiama labiale, parrebbe, il kappa e il g duro. E può venir fatto di chiedere che sugo ci sia a discutere con gente preparata cosi, con gente che crede di combattere contro un'invenzione tedesca di nuovo conio, e. ignora che già studiosi del XVI secolo sape– vano che il e e il g sonavano in latino gutturali anche dinanzi a e e i, e ignora che il passaggio dalla gutturale latina alla palatale ro– manza è stato già studiato da Gràziadio Ascoli, glottologo italiano e patriota italiano. Riesce a costoro nuovo tal nome ? E ricerch~ impor– tantissime sul medesimo problema sono di Pier Enea Guarnerio e di Bruno Migliorini: anche questi imitatores Germaniae, servwm pecus? Ma uno dei miei avversari ha a disposizione, per decidere come pro– nunciasse veramente Cicerone, un organo di conoscenza ignoto sinora al volgo dei dotti, la cc voce del sangue», alla quale egli non deve, non vuole cc imporre silenzio». Veramente, nel campo nel quale la voce del sangue sembrava per sua natura avere applicazione più legittima, la ri– cerca della paternità, essa è ormai giù di moda: i medici l'hanno abban– donata ai drammoni romantici, che piacevano alle folle ai tempi di re Vittori.o Emanuele II, e indagano il sangue, piuttosto che facend(!lO cantare e porgendo l'orecchio al suo canto, applicando i metodi biochi– mici ora divulgati tra noi dal collega Leone Latte . E pare strano che la voce del sangue, scacciata per ciarlatana daUa fisiologia, debba trovare rifugio, anzi orrevoli accoglienze e utile impiego proprio nella lingui– stica. Ma facciamo pure la prova : la voce del sangue insegna al linguista giornalista che le brevi e le lunghe sono un rompicapo, vale a dire, par– rebbe, una trappola di noi filologi. Ha egli pensato che ciò significhe– rebbe che gli antichi poeti latini imponevano ai loro versi stretture ar– tificiali, anzi puramente convenzionali alle quali non corrispondeva nulla nel suono ? I rompicapi sarebbero, caso mai, invenzioni di Plauto e di Virgili.o. E costui che legge con tanta franchezza periodi di Cicerone, non si ricorda che Cicerone non parla, che io sappia,, mai dell'accento, ma ha capitoli e capitoli, nel De oratore e nell'Orator, sulle brevi e sulle lunghe ? La voce del sangue gli insegna che il e e il g dinanzi a e e i erano pronunciati palatali già al tempo di Cicerone, anzi, credo, di Plauto. Ra– gionando a fil di logica, la voce del sangue, dunque, insegnerebbe che erano addirittura sordi quegli antichi grammatici romani che conosce– vano nn suono solo di queste lettere e lo descrivevano minutamente quale un suono gutturale. E la medesima voce del sangue insegnerebbe che gli antichi Romani pronunciavano, sì, Ceso con la palatale e con l'e, ma abbreviava,no poi questo pronome in K, con un'inconseguenza inespli-· cabile; mentre, pare, essi rinunziavano al kappa, proprio quando do– vevano riprodurre nomi propri greci che avevano un kappa dinanzi a e e a i. ,Strano popolo questi antichi Romani, come li raffigura la voce del ·sangue ! Anzi strani popoli tutti e due, i Greci e i Romani, che rendevano gli uni le palatali con gutturali, gli altri le gutturali con palatali, come · se d'amore e d'accordo congiurassero ai danni dei linguisti. Ma non fa meraviglia che, applicata alla pronuncia latina, la voce del sangue porti ad assurdi, quando si rifletta che ad assurdi altrettali essa mena, applicata a quella greca. Anche i Greci di oggi, che pure BibliotecaGino Bianco
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