Pègaso - anno II - n. 5 - maggio 1930

Cinquemila lire 601 sguardo per terra., il ca,ppello caloato sulle orecchie, tutto disprezw di sé e di .tutti; e i!Ildiffe:renza; come quando l'effietto deil vi!Ilo 001min– ciava a dissi:p:arsi e lo lasciava più misero di'prima. - E poi, lo vuoi sa,pere '? Non me !Ile importa nulla. Né di <te, né di me, né di nessu!Ilo. Non m'illltJ)orta più di nul!la. Riprese a caJlllillÌ!Ilare,pas'So a passo; poi, .più spedito, ,s'allon– trunò. Allora l' A!Ilgioliillasi scoprì: - Fosca, vieni via: La Fosca si era, lasc,iata aindare !Ilel cavo più profondo della grotta, ·colcapo sulJleginocchia e le brwcciJapenzolamti lu111go il busto. So:llevò il éapo e posò su di lei uno sguardo dia ·smemorata, poi si lasciò riandrur giù. - Vieni via, Fosca, - r:ùpeté l' A!Ilgiolina mettendole una mam.o sulla ,spalla. M.a la Fosca non davia •s<.➔gno di muoversi; come se si. fosse dimenticata, di tutto e !IlO!Il volesse essere distUJ"bruta. L' Angio- 1:ùna, provò a metterle le mani sotto 11e ascelle, era un ·aiuto debole, i!Ilutile. Poi ooa mamo le ,scese all:a vita, e ,rimase co.sì , china, col viso che ,s:fì.orava i cia1pelli, con le ma,ni pironrte, come •se portes,se, face!Il-dlo piano, sollevarla. Vinta da quella debolezza, la Fosoa, at– tenta a non appoggiarsi su di lei, si alzò, e venne a trovarsi nelle sue braccia. Allora, si sentì prendere da un fiotto di pietà, e le .venne di ,piangere, sooza simghiozzi. Intravedendo le due forme giunte nell'ombra, Giullio si era fermato. Era sceso in giù con l'aHegrezza che gli OOJI1ta;va iill core, quell'allegrezza che nell'avvicinrursi si riga.va di sgomento. A entrare !Ilell'orbita di lei s'irrigidì va e-0me una corda troppo tesa. Essa era sempre la creatura di cui nO!Ilsapeva nuina, nella quale no!Il avrebbe mai potuto dissirpilitleil mis,tero. Era la do!Ilna che a lui adollesoente apriva il mondo nel quale .si è in due a par<tecipare dello ,sturpore dei sensi, ma erano srprazzi che si illu1mÌ!Ilavia1no U!Il momento per lasciarlo 1più d111bitosod[ ~prima. Era la creatura, che lo vedeva cillidere,neJ1lavertigine del vuoto e 'amnegare per u!Ilmomento iill:finito nel oosciente dormiveglia che deve precedere la morte, del quale penSlafilo co!Il nostalgia ooloro che ci si son sentiti cadere e_ SOlll ritorna,ti alla vita. E allora lei lo scostav,a, dolcemente. Lo spasimo dei ,sensi iill·sodd~sfruttidiventava una oosa bella, dollorosa e delicata. Lo iSgomento si calmava nella gratitudiille di sentir tendersi 0JI1che lei OO!Ilui, c-0/Ille lui. Quel che l'avieva portato verso di lei, i motvi– menti soffici e ,sicuri delle sue membra sciolte, il ritmo delle sue gambe ,mrugre giù dai fiamchi stretti 111ellavita .snodata, le ombre d:orrutedeiHa sua pelle mora, quegli occhi gialli ,sotto alle ciglia nere, il •suoodore d[ sano e di selvatioo, ,non li sentiva, non li vedevo. più; ,si erano fusi e confusi, erano ,diiveintamuna presooza vwga, oome un'ruria ,di musica mentre 1si pensa,. U'll'a volta, ,a l1!Il rovaio, si era BibliotecaGino Bianco

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