Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
D. Oinelli I oa.mpi si scioglievano daJlla notte, UJIDiidi;una 111ébbialieve bassa svaporoiv•a dalile errbe, dai grani 111ovelli;si sentiva che tutto quel verde e le gr3.111di traJ.cia..ietenere delle viiti, eraillo fradice mézze di o-uazza. Senza vederla, si udiva scorrere l'Els-a vicina, nell'ombra det'letto soovato nel tufo, guidat-a dame lunghe :filedlei pfoppi chiari, tenui. Nel ciefo ,sbiadito non c'er3.111,o più stelle, se IIlon u111a sola, sulla Cli.madi M-0111te Maggio, già, corotll'ato di luce : da tutte le altre parti, dai poiggi, giro giro alila conca della vallata si alzava la cupola celeste, immensa, senza una nuvola, .se111za -q.n'aria. di vooto, immobile come a sognare. . Nell'abhuratitare moootono delle ruote, dopo un •poco di strada, la: Marietta si addormeintò oontro il fiarrwodlella mamma. L' Angio– lina l'avvolse più a stretto nello scialile e si ,strinse a lei, accosto accosto, per 0.10nfarle prender freddo. Il barrocciàio f~e Ull1 cen1110 d'intesa, ool capo. Alle prime case ,di Colle, l' Alllgiolina chiese di scende:re. Si ver– gognava di entrare in paesè a quel modo. Qu3.llldos'eramo sposati,, Felice aveva il p,iù bell'attacco che •Sipotesse imonaginare : un ca– lesse ruuovo, eilegante, un cavallino che trott·ava serrato. Qualche volta, alle :fiere, ai meroati porta.va amche lei, e la gente si fermami, a gua.rrdarli. Un po' di ben e l'avey,a , avuto 0IDche lei, 111el suo mo111do. La cittadtina si animava. Gente ben vestita per la festa s'incro– ciava, si fermava per le vie, gente che aveV'a troppo l'abitudine di levar:Si presto per pot.er dormire si1110 a tarrdi [a maJttina che IIlOIIl si lavorava, e ,girella va soo za ,scoip,o,g,ode111dosi la Hbertà di stare se111za far nulla. L'Angiolina si vergognaiva di come eramo vestite e oercava di non farsi vedere, camm:i111amdo lungo le case. Ma 111esSfllll10 badava a loro. L'erta che sale a Colle alto, era deserta. Lo stretto selciato s'inerpica fra, due muri ·aJti e grigi, e di ,qua e di là C'al3.lllo i brevi campi terraz~ti del poggio ·aspro, domilll!aJto drulle faibbriehe aintiche della vecohia cittaJdd111a che ,si stringono in cima al poodìo preci– pito1so. A ootrrure irn queH'onibra l' Angtlolina 1si,sentì pooetrare di una tenerezza umida come la guazzia :S'llll'el'lba.Si chÌIIlò a guardare 1~ sua bambina negli occhi, la baciò in foonte. L,a Ma,rietta. chiese : - Che hai, mamma ? · .Ma essa non poteva rispondere clie 00111 qualche lrugrimu~cia; che le spurntava rneg1liocichi: .se avesse voluto parlare, a.vrebbe aperto la viia a un sbocco di mghiozzi. La Marietta non chiedeva più 111,uQla: parev,a che cap!i:sse. Su per quell'erta sotto il peso della suià cro~e, era oome a salire •a un Calvario e a un Piar~so i111sieme.Sentiva <li andare a oompiere un rito solenne, di u111'importam.zadecisiva, più di qualunque aJitro giomo della .sua vita, più del gio.mo del suo sposiallizio : forse so~tanto il gtlorn-odeUa morte sareb be così soloone BibliotecaGino Bianco
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