Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

Cinquemila lire 4fi7 fu il botro fra i due poggi, Giulio era entrato IIlella macchia e Tito non lo poteva più vedere. Tito non vedlem più nessuno, ma sentiva queltJ.edue creature; IIlon c'e,r,aino che loro di creature viventi pei poggi. Lentamente prese a scendere verso il bot.ro, ragionando assente, come in un sogno. La vedova .Amerighi voleva il suo podere : ah, se era vero quel che .sentiva avvenire dintorno a sé, lo poteva -sospirar ,per UIIl pezzo, il suo podere. C'era UIIlasorte davvero; sull' .Acquaviva. Per ci1I1quemilalire ]'elice aveva per,so il .podere, e ora per cinquemila !lire lo volevan ,portar via ,a lui: l' .Acquaviva e cinquemila lire; era un destino. Ma oom'è vero che lui non era Felice, gliel'avrebbero ireso, ! La vedova .Amerighi voleva il suo podere, e il giovinotto voleva 1a sua dOIIlna ! Ecco oome SOIIlO i ricchi, volevamo tutto il suo, loro che avevan t•anto, e IIlon si ,saziavano maii ! ,Ma quando vogliOIIlouna oosa e noill la pos-sono avere, soffr-OIIlo ! E quan-a:o ebbe la certezza, quaindo vide ila Fosca appoggiare il capo sul1a spalla del giovane, sentì un oo1po nel petto che gli pareva d'i morire: ma eTa l'angoscia di sapere che gliel'avrebbero resa, la sua terra, che ,non gliela potevan portar via. xv. L' Aingiollim.a8eilltì battere le quaittro all'orologio della ohiesa. Ohe liberazione, potersi levare! Fuori, c'era taillto buio, tainta pace nel buio. Il letto em un ,tormento, H •più delle notti. Faceva di tutto per nOIIl prender sonno, tanto temeva di risvegliarsi. illel sudlore diac– oio di quegli iill'cubi: quella ooduta nella tromba delle scale, sempre la .~essa, che la sentiva venire quando era ancora sveglia; quel peso che gravava, dapprima sullo st-0maco, poi ,sul ,petto, poi sulla bocca togliendotJ.e il respiro. Nella lotta per liberarsi si ,destava, e negli ultimi attimi del dormiveglia, benché si sforzasse di lllOIIl distin– guerle, sen,tiva le fattezze della Fosca chilUesu di lei. ,Sino alle due di notte non s'era, potuta ,addormentare. Con una chiall'ezza che non aveva 01D.coramai conosciuto, la sua storia si dipainava davalllti a lei e ·pwreva volesse addlitare l'avvenire suo e delle sue creature. Se nOIIl provvedeva ora, aml'Dloniva una voce, sarebbe staJto tardi. Ma cosa doveva fare ? Come potevaino naJSCerecerti pensieri in un amimo che non li tollerava ? Erruno oome ess-eri vivi che entravaino ,per form dentro di lei, e nOIIlc'era verso di mandarli via. Non aveva perdonato, forse, alla Fosca ? NOIIl sapeva che anche lei poveretta, a esser come era, a far quel che f~eva, ci aveva oo1pa come fil c:ane che addenta il leprotto ferito peirehé quello è il suo istinto ? Perché quando, ·come faceva di più in più spesso e di più in più dolorosamente, pen- BibliotecaGino Bianco

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