Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
426 O. Tumiati E aJl ritomo, da straducce ingombre di gente festosa, il piccolo reo è sfociato c,on me nel clamore d'un «campo>> incarnev·alato. Oggi, proprio oggi. M,a non s'ha da premiare il bene e punire il male? Abyssiis miilta) ,dice l'Ecclesiaste. Uin pulediro in Ulllprato verde è mooo avido e ansioso di quel che sia il piccilllo in ,quel1a fosta. Non lo tengo. Ché già sale i gradini d'ullla giostra e s'arrampica in Ulll« De Pinedo >> di aegno e mi sfugge e oorre e •s'inlllalza ilil volute sempre più lar:ghe, sollevato in 1 alto, troppo im aJ.to dalla musica rugginosa d'un ,organo. Tutto ,per sé. Tutto volo cielo orgoglio. Io ,guardo i quattro solldi che darò a chi me. lo porta via e il cuore mi si chiude, stupidamente. Disceso da quell'empireo, l'ha già d!imenticato. E mi trascina verso quella gran tenda donde sortono ruggiti e -spari. La ragazza.glia f,a,ressa, arginata dal prezzo, dèl biglietto, e ride e contempla tutt'occhi le due scimmie spelate - am.tipaiSto della curiosità - che s'affaccendano a rodere del pan secco e la grassa padrona che a-gita placida i biglietti ripetendo oon una roca voce · che sa d'ozio di villlo e dli lue, Ila sua dura .sellltenza : « una lira, una lira sola: lo spetta0olo va per illlcominciare >>. Bisogna entrare. Urna metà della tenda è occupata da una gradinata di legno, l'al– tra da un gabbione ciliindrioo, aperto al ,sommo. Sparse ·sulla gradi– nata, poche persone. Povere tutte. E come serie.! Stupisce quell'at– tesa quasi triste sui volti stamchi. E il silenzio. Nemmeno li scuote !l'entrata del domatore 1I1elgabbione. Sembrano_ rassegnarvisi. Anche Andrea non parla più. Mormor,a1tuttavia illl ulll so-ffio g,o1oso: - Ohe bel vesitito ! Tale gli ,sembra la vecchia tunica azzurra 001I1 gli alamari d'oro, il frusto oo,stume ungherese che dona all'ambiguo lomibardo che l'in– <fossa ullla _sua triste magìa. Eooolo che schiocca 1a frusta, eccoilo che a,pre uno dei cinque sportelli di legno dietro la gabbia. E un leoparduccio maculato e sonillolento viene a spiccare pigri salti silooziosi fra schiocchi di frusta e tonfi di pistola. E ad og,ni sparo, gli 00chi d'Andrea si fan più gramdi. Dopo il leopardo, un orso nero, diritto e boillaocione, ,si fa in– contro al domatore saJltellam-dlosulle zampine. Andrea vorrebbe ridere, ima ha paura di distra,rsi. · - Non ti p-are un signore ilil pellicci0, ? - gli chiedo. Ride, senza vol.tarsi. L'orsacchione strappa una carruba dalla bocca del domatiore e riprecipita fra i quadrupedi con le zampe a terra e il muso ciondOlfom.i. Ora è 1a volta d'ulll lupo. D'un piccolo !lupo tranquillo e pulito che ,sembra sortire 'da una terribile favoletta dl'Esopo: « n lupo fJazio>>.Quel bmvo lupo sato11o che a<'.cetta, longanime, la dura lezione della pooora e non la, to.:;ea. Um.acara bestiola. BibliotecaGino Bianco
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