Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
Rivelazioni 421 -che già la bimba ha capito d'aver fatto uin mala1I1no: vede il la,bbro, sanguinare e s·ente riflesso ,sul ,suo volto il dolore del fratello perché d'improvviso, quasi fosse lei la collpita, porta la mwno al .suo labbro -e grida ,all'unisono con l'infortunato: - Ahi, m'hai fatto male! L'attimo di s1mpatia 111el dolore s'è subito trasformato nella su~ testolillla in un mezzo di d1fesa-dalle busse che balenano nello sguardo de!lla madre ,sopraggiunta. Ed eccola investirsi del suo illusorio do– lore e, mirnusoola delinquente, deformare la ,realtà a suo vwntaggio -oosì da ,pretendere che il fratello, e non lei, s~a pU111ito. Microcosmo di settanta centimetri. Al maschietto, intanto, cagione prima di twnto guaio, viene an– nunciato che non wndrà più al teatro. Disperazione. E nOIIlsa che -cos'è. Tuttavia vien perdonato, sebbene 111el perdono vi sia ,piuttosto il , desiderio di soddisfare una curiosità mia che u,n pi8('.ere suo. Al « vestito bello» tiene, in quell giorno, più del solito. Per la ,strada còmpita a voce alta tutte le scritte ,più vistose e saltella, spensi-erato. L'attore che oggi vedlrà è nostro ospite da tre giorni, ma il pic– dno non ha visto in lui che il solito zio dal v-olto palllido e segnato <la rughe profonde che lo incanta con i suoi grossi oochiali e la sua vooe di brom~o. , Gli dioo per la strad,a che lo vedrà vestito da re combattere e morire, ma il discorso non Io oommuov,e. Arguisce dal mio tono di v,oce che la cosa non può esser vera 111é immagillla che aJltro possa esser,e. Nel minuscolo palchetto corre alla sedia ,più comoda e vi si illl– stalla da padr-one, poi si volge a ,me e lilli chiede 1perché mi levo i1l soprabito. Il teatro è anoora semivuoto : egli guarda il baratro della pllatea ~o,n qualche soggezione, ma ride confortato al vedere la gente del loggione. Del ,proprio palco non ha idea e chiede perciò con Ulllapunta di nostalgia e d'illlvidia perché non siamo andati in quello di fronte che « è tutto d'oro>>. Inutile spiegazio111e. Cerco di iniziarllo al mistero d'el palcoscenico e lo preparo al sol– levarsi del sipario. • - Scena. Ohe vuol dire, babbo ? Mi cimento, ma è ara,bo. Pla,tea e scena sono due cose diverse ed · opposte soltanto per me. Per lui, no. Ancora nell'età invidiaibile ,nella quale tutto è spettacolo, senza disc0111tinuità. Il sipario .si leva sopra una stanza regale. L'isoenatore ha otte– nuto con pochi tocchi !l'effetto voluto. U111a tenda d'oro chiude la soena, sollevata per un terzo oosi da mostrare palazzi torri basiliche lontane, un giaciglio carioo di pelli occupa il ~entro. Dietro a questo, BibliotecaGino Bianco
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