Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

Gente in .Aspromonte 405 -------------- Stava seduto dove sua madre cercava le pietre da portare al.Ila fabbrica, in un campo, sotto Ullla,pianta di mirto e vide comparire i due figuri di quella sera. Erano vestiti pressapJoco come lui, solo che avevano un vecchio berretto da uomo, lacero e sudicio, che co– priv:a loro il capo mo agli occhi. Uno aveva fatto uoi nodo scorsoio a UlllOstelo di .saggina, e lo aveva posato su un sasso. Là presso ooa lucertola stava al sole, e sul coillo le pullulava come un lieve battito che le g001:fiavala pelle cinerina. Un ragazzo si mise a :fischiare per incantarla e la l'Ucertola pareva udire, perché rima– neva fissa e ferma, a guardare ilil alto, forse il sole che rotolava pel cielo raggiante. Ma poi improvvisamente la lucertola fuggì oon quello strepito che è la voce dei cwnpi .sul meriggio, tutta fatta di fughe e di animali che si 01asoondo010 tra le fratte e scivolano fra l'erba secca e sonora. Anto111elloguardava quello che facevano i due. ,Poi sedette su un sasso, tamto per darsi un cootegno ruppe un ramo d'oleandro, e OOIJl un ooltelluzzo si mise a fare sullla scorza lu111ghi fregi serpentini 0001un gran ,sole al sommo. Ne venne fuori ui1a bella bacchetta. Allora, ll'IlO di quei ragazzi, il più grande, lo studiò, gli si piantò dava111ti,e gli disse : - Dammela, aJltrimenti ti ,picchio. - Te la do volentieri, ,senza botte, disse Antonello, a patto che mi fa.ccialte giocare con voi. - I due si guardar0010 e risero d'un sorriso furbo, oon occhiate adulte. - Booe, giocherai con 111oi. - La bacchetta passò 1J1elle .mani del ragazzo gramde. - Come ti chiami? - Antonello. - Io sono il Titta. - A.!ntonello :fi111se di sapere chi fosse il Titta. L'a1ltro soggiunse: - E io solilo Peppino. - Stettero un poco ilil silenzio e il Titta aveva steso il braccio al collo di Peppino che se IIle stava chiotto chiotto. Por– tavano i berretti dii traverso, con un'aria di ,sfida. A .un certo punto il Titta disse oon u111 sorriso furbo: - Quanti aoini hai? - Dieci. - Io ne ho tredici e soino Uill ladro. Sì, sono un lladro,-vuoi vedere? - Tirò fuori della tasca una oosa che pareva una testa di qualche · statui1I1a,di,pinta al naturale, che pareva una oosa di favola. - Que– sta l'ho rubata ill1 chiesa - aggiunse serio. Ma Peppilllo che :fingeva d{ ridere aveva paura, e diceva: - C'è la scomunica. Sbucò dalla fratta e sedette accanto a loro Ulllabambina scalza, nera, oon un visino piccilllo e patito dove dlue grandi occhi umidi guardavano fra le ciglia nere. Ella chinava la testa, e si metteva a ridere .senza ragione. Titta la guardava con aria di protezione, e le disse bruscamente : - Brava, hai fatto bene a venire. - Ella stava oompU111ta e t1mida, e voleva sentire quello che dicevano. Si guardava di tratto in tratto dietro Ile spalle, in alto, sul ciglio del colle dove si scorgevruno le case basse. - Mia maidre mi cerca. - U:na voce difatti gridava: - Lisa;betta, Lisabetta ! - Io 1I1onri– spondo, ,altrimenti mi picchia. Io non voglio aindare a casa. - Certo sarebbe bello se scappassim.9 tutti, col briga111teNino Martino ! - ibliòtecaGino Bianco

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