Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

\ Gente in Aspromonte -----'---------- 403 luna lo fasciavamo di oblio come i.in un mondo incam.tato. Mentre stava dosi, due ragazzi co111 la berr(:!tta calata sulle orecchie, scalzi, tozzi, ~pl vestito a brandelli, gli si fermarono davanti. Si tenevano per mano, e presero U111'aria seria e provocam.te. - Ohi sei tu? - Io sono il fig1liodell'Argirò, il pastore. - Ah, .sei ,prustore ? - I due ragazzi si aUontwnaro1110.Poi improvvisrumente dall'am.golo di una casa un sasso volò sopra di lui e andò a battere oontro la porta del Lisca. Una voce, la voce di u1110 dei ragazzi, disse : - Dàlli al forese, dàlli al pastore, dàJlli al vestito di pelo ! ~ Egli ora vedeva le due figure acquattate 111el vJcolo, e ne .scorgeva le ombre buttate in terra dalla luna, due grandi berretti come u111a testa di animale. Si levò e si mise a correre. E quelli a ilil'seguirlo. Ma 1110n lo segui– rono fino alile case alte dlovedormono i pasrtori, e dove u111'altracom– paignia di ragazzi stava a confabulare sotto la lU111a. Qui gli doman– dar,o!Ilo: - Ohi sei ? - Il figlio del pastore Argirò. - Bene, sei dei nostri! ,Sta' qui fermo. - Uno di quelli che aveva parlato aveva sporta la testa, per guardare. Una .sassata radente lo sfiorò. Erruno tutti figli di pastori, ool vestito di lruna pelosa, con 11acintura di èuoio, .per la maggior parte -scalzi. - Ohe oosa è successo ? - chie– deva AntoneUo. Fi111almenteuno gli rispose : - Quelli dell'Univer– sità ci voglio1110 picchiare. - E chi •sono quelli dell'Università? - Quelli che ham.illo i pantaloni lunghi. I figli dei signori. - Q~ello • che aveva detto oosi teneva un grosso ciottolo in mam.o. La oompagnia, cosi oom'era, decise di trasferirsi in una casa diroccata e abbandonata, di cui rimam.eva soltanto un muro alto, e il quadrato ibasso delle mura crolilate. Qui un odore acuto di strame li avvolse, e il silenzio, e [a lu111a che viaggiava alta sopra il cielo. Stavruno in silenzio ad aspettare. Poi uno, queUo col ciottollo in mano si ,sporse, tirò il sasso appena vide un'ombra che si avvicinava. U1110 strillo ,gli rispose. Si guardaro111,o tutti in viso e si dispersero. Ma Antonel1o non aveva capito. E nello stesso istante una voce lo chiamava : - Ailltonello ! Antonello! Olà! - la voce di sua madre. Ma mentre pensava di muoversi si vide ag,gredito da tre ragazzi fra cui distinse quei due che aveva inoontrati prima. Uno con un sasso gli batteva sulla llluoo, e U1I1 altro gli teneva ferme le mani, mentre il terzo dicevia : - Dài, dài, cosi :Ì'mpara. - Poi se la d'iedero a _galllfbe· nella !Ilotte. Antonello sentiva un gran dolore, e c~I,do sulla nuca. Vi passò sopra u111a mamo, se la guardò poi al chiarore della luna. Non c'era sangue. Ma gli doleva. Zitto zitto prese la strada di casa. N01I1disse 111ullaa nessuno, sbocconcellò ill pane e le pere che la madre gli diede nel buio, poi si buttò iin terra su una tela di sacco distesa, come faceva lassù lllella sua caprunna, mentre suo padre si era ,sdraiato al fresco, dietro la porta. Anche attraverso il tetto di tegole senza il riparo del .soffitto filltrava la luce lunare. Si vedeva, nella casa, dopo un poco, tutto quello che c'era: la grande BibliòtecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy