Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

Gente in Aspromonte 401 ~ L'-0ro vale più di .settecento lire. - Tossì per schiarirsi Qa voce. Gli awersari si avvicinar01no al tavolo premend:Ovi oontro il petto. Ognumo si acéomodava la sua roba davanti. Si stringevano le carte sul ,petto, .se le accostavano alla bocca. Ignazio oooprì le carte ri– solutMI1.ente : - Ho vinto : è inutile che contililui a giocare. Se– guito a giocare con le carte' scoperte, se vuoi. - Milone batté ili pugno sul tavolo quando ebbe provato a seguitare la partita, e gridò : - Tu conosci le carte, tu le hai segnate. - O Milone, tutti gli anni mi fai la stessa storia. Guarda e vedi .se sono segnate. È che so giocare meglio di te. - Ah, questo non lo devi dire. - Del resto, ,se non la smetti, io ti denunzio, e dic,o che hai rubato l'oro alla Madonna. - lll Mil01I1e,pallido, .si ag,giustava la cintura, si raggiustava la giacca ilildosso, si ravviava il ciuffo, e dliceva : - · Booe, non mi vedrai mai più. Ho qui altra roba. Fossi stupido a farmela mangiare da te. Meglio farsela mangiare dalle donne. E io ,sono un cretino a venire a giocare da te. - I·gnazio, intento a guardare quell'oro che aveva preso nel pugno, replicava: - In– taJnto ti ho vinto, e farai bene a non giocare più ,perché di carte non te ne intoodi. Gran giocatore che sei ! - Ah, - replicò Milooe, - se dici ,di nuovo che non so gioe.are .... - Gli afferrò· ill polso mentre quello stringeva il pugno pieno d'oro. Fu a questo punto che una voce nell'ingresso chiese : - È permesso ? - Giovanni Milone · lasciò la presa mootre il Labbrone lo reggeva o fingeva di reggerlo. Il Pazzo, .sedluto, giungeva le mani e mormorava: - Per l'amor di Dio, calmatevi, vi volete rovinare ? - Ma non 110 vedete che ha paura? - diceva il Milone. Poi uscì brontolando : - Me la pa– gherai! V. L'Argirò si era fermato e fingeva di nOIIlvedere. Quando quello fu uscito, uscirOIIlo tutti gli altri. Il Lisca nOIIlaveva mai avuto da fare con l'Argirò; .stette un po' a squadrarlo, mentre quello guar– dava di ,sotto in .su, e faceva girare la berretta fra le dita deille mani congiunte. Poi, risolutamente, gli disse : - Ohe volete da me? - Mi ha mamdato da voi il signor Oamillo. - Bene. - Ho bi– sogmo del vostro aiuto. - Gli raccontò in ,poche parole la storia, come eramo precipitati i buoi, come lo aveva accolto Filippo Mez– zatesta, tutto. Di quando in quando Lgnaziio lo interrompeva: - Ti ha detto che non ti dava nullla? Ti ha detto di fargli la causa? Se gli fai la causa la perdi. - Alla fine disse : - Vuoi venticÌIIlque lire per la semina ? Vieni, ecco qua. - Gli c01I1tò il denaro fra le mani, con un gesto di disprezzo, come se lo cacciasse via. - Me lo 26. - Pèuaso. Bibloteca Gino Bianco

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