Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

396 O. Alvaro capo, tirava fuori gli occhi, apriva la boccf-1, per parlare. Ma l' Ar– girò non lo se111ti perché usciva dalla stanza, scendeva ile scale ti– randosi dlietro il ragawo, e sentì che questo gli cercava la mano oon la sua m81Ilina. Quest'atto gli foce bene al cuore. Guardò il ragazzo di tralice, e ri,onpoté :resistere daJlo sfiorargli la guancia ool dorso dellla mano. Quando passarolllo davanti alla· cucina la rvecchietta di prima domandò : -- Ohe è successo ? _:_Quel che vuole ·Dio. - E scesero per quelle scale che parevano tanto lu[lghe. Quando furo[lo sotto l'arco, l'Argirò fu preso da una llluova idea. - Andliamo da questa parte, - disse. Traversarono il cortile, affrontarono la scala ripida, che ·menava al palaz,zo più basso, il palazzo del fratelllo di Filippo Mezzatesta, il signor Oammo. IV. L;:i,porta era aperta, e sulla porta, seduta in terra, stava una donna, immobile, col gomito pullltato sul ·ginocchio, col pugno chiuso sull mento. lllltorno a lei 1o stridore delle api era continuo, ed ella stentava a tooere gli occhi aperti nel caldo di settembre. Quando levò la testa, due occhi imperiosi e pungeinti si puntaro[lo sul visitatore, e la voce di lei, aspra e dlura disse: - Ohe cosa rvuoi? - Volevo •parlare col signor Oamillo Mezzatesta. - Puoi parlare oon me. - Io sono un pastore, l' Ar,girò, queillo sopran[lominato lo Zuccone. __,,A ser,vizio di chi stai ? - Stavo al servizio di Filippo Mezzatesta. - La do[lna si levò di ,scatto, traversò la porta e disse : - Ellltra. · Ora si era levata desta e pronta. Era una bella donna, piena, del colore dell'alabastro; i suoi occhi ammiccavano CO[ltinuaimente e sembrava che volessero dire più di quanto non ,dicesse oon la bocca ,sillluo.sae grande. I capelli spartiti ID mezzo aJlla fronte le dlavano U[1 aspetto docile, ma i suoi ,occhi fooosi e inquieti smen- •·· tivano subito questa prima impressio1I1e. Scalza, oon l'abito delle donne del popolo, era difficile scambiarla per una di esse, perché il segno di un'agiatezza e di U[la mollezza SCO[lOSciute alle altre erano disegnati neilla sua figura. Il mento rotondo, le mani fillli, che cavava di quando in quando di sotto il .grambiule come un'arma, la dicevamo tutt'altro che oomuine. Tanto. è vero che l'Argirò si levò la berretta dlicendo: - Mi scusi tanto la vostra signoria. - Ella parve lusingata di questo fatto perché sorrise lievemente sollevando gli angoli dellla bocca. L'Argirò la guardava i[lcuriosito con lo sguardo dell'uomo ohe capisce, ma ella ridivenne fiera e ermetica, e parve che gli dicesse : - Bada con chi hai da fare. Fu introdotto ID uina stanza illumilllata a malapena da una fi[le- · BibliotecaGino Bianco

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