Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

386 O. Alvaro Né Ile peoore né i buoi né i porci 1I1eriappartengono al pastore. Sono del pigro sigmore che aspetta il gforno del mercato, e il mer– cante baffuto che viene dalla marina. Nella solitudine ventosa delle montag,ne il pastore ,fiuma la crosta della pipa, guarda saltare il figlio c-ome lID capri0lo -ode i canti spersi dei più giovalili, intramez- ' . zati dal rumore dell'·acqua nei cr,epa,cd, che borbotta come [e oomar1 che vanlilo a far legna. Qualcuno, seduto su un poggio, come su UIIl mondo, dà fiato alla zampogna, e tutti pensano ·alle donlile, al vino, alla casa di muro. Pensano alla domenica nel paese, quando si em– piono i vicoli ooi lor grossi sospiri, e rispondo111O a loro, S:offiandlo, i muli 1I1elle stalle e i porci nei covili, e i bambini strillruno all'improv– viso come ipasser,otti, e i vecchi che non -si possono .più muovere fis– sano l'ultimo filo di luoe, e le vecchie rinfrescano alll'aria il ventre gonfio e affaticato, e le spose sono oolombe trrunquille. Pensano alla visita che faran1I10allla casa di quakhe signore borghese, dove ve– dramno la bottiglia del vino splendere tra le mami avare del p·adrone di casa, e il vino calare nel bicchiere che vuoteran111O tutto d'un fiato, buttando poi con violenza le ultime gocciole in terra. Quel vino se lo ricord'runo nefile giomate della montagma oome un fuoco dissetamte, poveri ed eterni poppanti di mandra. Accade talvolta che dalle mandre vicine arrivi qualche stupida peoora e qualche castrato che han1I10perduta la strada. Conoscono gli animali come 1I1oi gli uomini, e samno di chi sono, come noi rico– nosciamo i forestieri. Si ·affaccia l'ami.male interrogativo, e i cani messi illl allarme si chetano subito ..Zitti e cauti a,fferrano l'anima[e e lo arrostiscono. Uno gli ha ficcato un palo i111 corpo, 'lln altro lo rivoltola sul fuoco, UIIl altro con un mazzetto d'erbe selv•atiche asperge di ,grasso l'animale rosolato, teso, solenne oome una vittima prima de[ ,sacrifizio, propizia al bere. Bevono acqua e si sento1I1O ubbriachi lo stesso. Ma serate come queste ne crupitano una all'an1I10, se pure, e la vita è dJura. Almeno, a primavera salgono da loro le massaie. Allora, coi primi agnelli che saltano sulla terra, v·aigi– scono sull'erba Ilecreature dell'uomo, o si do1I1dolano1I1elle culle at– taiccate fra ramo e rMO•O dove balzano ridesti i ghiri e gli sooiattoli. P,oi rinverdisoono ,perfino le p.ietre, e la gente comincia a salire la montagna col vento dell'estate. Cominciamo i pellegrini dei san– tuari a .passare da Ulll veDsante all'altro cantando e suonando giorno e notte. Il vinattiere costruisce ll:a,sua capam1I1a· di frasche presso la so:rigente dell'acqua, ,e la 1notte, per illuminare la straida, si ap– picca il fuoco agli ,alberi secchi. Gl'innamorati girano tra la folla per vedere l'innamorata; e cani arrabbiati, vendicatori, devoti, latitanti, e ubbriachi che roto[ano ,per i pendii come pietre. Allora vive la montagna, e da tutte le parti il cielo è seminato dei fuochi dei razzi che si l•ev,a,no dai p8!esi lungo il mare oome semi indica- ' ,:, . ~ori che là ,sono le ·case, là i samti ooi loro volti di popolani che. BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy