Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

508 G. RAVF.GN. !.°NI, 1 contemporanei -------------- concretezza e di trascendenza che chiede all'arte di essere arte soltanto, · mu 1~ chiede profondamente radicata, viva di passioni umane e, soprat– tutto obbiettivata chiusa in una forma che possa resistere al tempo e dimo~tri una logie~ e una coerenza in sé e per sé. Al di qua c'è il brivido del dilettante, l'equivoco umanistico,_ l'estetica della bravura; al di là, l'astrattezza del problemismo, del mero contenuto, o la falsa totalità di un attualismo che scambia l'arte con le confuse generalizzazioni che dalle singole opere d'arte possono trarsi. Ma il merito del Ravegnani è proprio quello di tenersi nel giusto mezzo e di non spezzare l'unità vivente che corre tra l'artista, l'opera sua e le reazioni che l'opera desta e che le si sovrappongono, la modificano nel tempo e ne garantiscono i limiti e la legittimità. F·rutto di temperamento più che di teoria (ma non tanto che non vi si senta ancora viva la parte migliore dell'insegnamento cro– cfano) la critica del Ravegnani è tra le più nobili testimonianze che siano state recate intorno all'arte e alla sensibilità dei nostri giorni. Il Fari– nelli ha ragione di sottolineare nella sua prefazione al volume, l'umiltà del giovane critico,- la sua indipendenza, la sua facoltà di comprensione e di simpatia. Non ci voleva meno dell'incontro di tali qualità per offrire un serio tentativo d'interprétazione del periodo, complesso se non ricco, che abbiamo cercato poc'anzi di tratteggiare in poche righe. Né in tale compito, occorre ripeterlo?, il Ravegnani resta isolato. Ma è un fatto che tra gl'interpreti raffinati e svogliati che mantengono le vecchie po– sizioni, e i nu.ovi saggisti che si rivolgono a un pubblico assai ristretto e sperimentano nuove inquietudini dello spirito, - ricchi d'ingegno e ben rispettabili gli uni e gli altri, - il Ravegnani si presenta in veste di critico che vuol servire a qualcosa e che si sente prima di tutto uomo tra gli uomini. Non basta? Ne siano. scontenti, se credono, gli altri: per quel che ci riguarda, le nostre congratulazioni non potrebbero es– sere più vive. EUGEJNIO MONTALE. ~AURICE BARRÈS, Mes cahiers (tome premier, 1896-1898). - Plon, Paris, 1929. Fr. 25. Questo cahier, come gli altri che seguiranno, ,una decina in tutto vengono pubblicati dal figlio e dalla vedova di Barrès « comme ils s~ présentent, sans aucune altération ni addition ».·Pubblicandoli i con– giunti piamente ubbidiscono a un desiderio che lo sc;ittore esp~·esse in vita più volte. Egli aveva cominciatç a trarne le memorie che si propo– neva _discrivere, e il poco èhe ne portò a compimento sta come un armo– nioso portico all'ingresso del monumentale labirinto. I cahiers sono. una sessantina. Barrès cominciò nel 1896 a « noter au jour le jour c~ qui le frappait », e conservò fino alla morte questa abitudine o come dice il figliolo, questa regola di lavoro. Appunti, dunque, di tre~t'anni senza un'orientazione prestabilita. Barrès li notava per sé come ve~ivano col proposito di elaborar!~ poi nelle opere che aveva in' progetto. Quest~ opere, oltre quelle che s1 conoscono, dovevano essere un Byron e un Goethe, un Zurbaran, una Giovanna d'Arco, una Santa Teresa d'Avila, un Pascal en Auvergne, un romanzo renano, una, novella, e forse uu BibliotecaGino Bianco

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