Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930
504 G. STUPARICH, Racconti ralismi insieme subdolo e ingenuo. L'implicita simpatia con cui lo Stu– parich accoglie le passioni dei suoi personaggi, spesso velandole come d'una sottilissima atmosfera elegiaca e nostalgica, dà alle figure e ai casi dei suoi racconti uno sfondo più ampio di quello che solitamente comportino gli esempi della nostra ultima narrativa, con le sue preoc– cupazioni d'immediatezza icastica e con la sua ricerca di una massima evidenza puntuale degli « stati d'animo>>. D'altra part(:l quest'aura un po' vaga, cui contribuisce uno stile modesto, se. non dimesso, e privo di forti rilievi, oltre che offrirci una prima immagine di quest'arte ce ne fornisce insieme qualche opportuna limitazione. Ché a volte ci si augu-. rerebbe, leggendo questo scrittore, qualche ripresa decisiva, qualche improvviso tratto felice che valesse a maggiormente determinare lo svolgimento un po' incerto e sinuoso delle sue psicologie e a risolvere in linee più nette il diffuso alone del «dramma». Il primo di questi racconti, La vedova, dove una giovane vedova di guerra scopre nello stesso rifiorire fisico del suo organismo minato dal dolore un'infedeltà alla menioria del morto sposo, e giunge a placarsi soltanto nella piena e rassegnata accettazione del suo destino sacrificato, ci sembra appunto peccare di qualche diffusione e genericità di svolgimento. Tanto più che tale· debolezza di « presa», nel senso di un i;nsufficiente risalto psicolo- . gico e drammatico, non è ·compensata, ad esempio, da quell'accesa e febbrile dialettica interiore che anima (tanto per circoscrivere l'esempio stesso ad uno scrittore allo Stuparich senza dubbio vicino e familiare) le pagine più stringenti di un Italo Svevo. · Sarebbe tuttavia ingiusto far pesare troppo sullo Stuparich questa 11.mitazione, trattandosi di un difetto che, come in ogni reale tempera– mento d'artista, ha pure il classico rovescio della medaglia in quel senso sfumato e casto della materia narrativa cui si accennava più sopra. Si veda, nel secondo e più lungo di questi racconti, Un anno di $Cuola, dove lo spunto più ampio sopporta meglio le dispersioni, con quale giustezza di modi e di coloriti egli ci narri lo sconvolgimento portato in una scola– resca triestina d'anteguerra dall'ingresso d'una bella e spregiudicata allieva. In questa pittura d'anime tumultuose e vergini, nell'età in cui l'amore possiede intatta la forza di creare le più miracolose e illusorie prospettive, ma in ·cui anèhe la guarigione sopravviene più 'facile e come inaspettata, lo Stuparich ha senza dubbio avuto mano felice. È anche notevole ch'egli abbia escluso i toni troppo acri e mordenti in uso presso quella letteratura contemporanea che s'ispira appunto alle morbide crisi e mutazioni dell'adolescenza, e sia fin ~roppo incline a risolvèrle in formulé istintive e fisiologiche, tanto da offrircene il più delle volte un'immagine disumana e quasi impenetrabile al ricordo. Qualche tratto un po' sforzato o· generico, specie dove lo scrittore insiste a caratterizzare le suè figure in modi quasi bozzettistici, non vale a infirmare la bella coerenza fantastica del racconto. Una .materia meno ardente ed effusa, ma forse ancor più concreta tr~viamo poi nell'altro intitolato Uri,à famigUa, dove specialmente le d1.1efigure di donna, la debole e affettuosa Tèresina, e Gemma,_ energica e rude tanto nel be1;1-e che nel male, sono disegnate con segno fermo ma flessuoso, tale da mcorporarne pienamente la _verità umana nella rappresentazione estetica. BibliotecaGino Bianco
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